Il vento
La visita odierna mi
permette di soddisfare curiosità che in passato avevo sempre trascurato di
prendere in considerazione. Grazie all’invito rivoltomi dall’associazione Cinquanta
e più di Oristano mi è possibile colmare certi vuoti della mia conoscenza
ancora inappagati.
La visita mattutina
alle saline di Cagliari e quella pomeridiana alla cantina di Su Entu di
Sanluri formano il piatto forte della giornata, non solo per me ma anche per il
folto gruppo di cui faccio parte.
Il vento non fa
parte oggi del menù proposto dagli organizzatori, ma rientra come artefice
principale nel gioco delle forze che regolano la vita delle saline e dei
vigneti o meglio della produzione del sale e del vino. Sale da un lato, nelle
vesti di cloruro di sodio, e vino dall’altra, con l’etichetta di alcol
etilico.
Le guide delegate al
racconto della storia, della gestione e degli scenari che vanno ad interessare
le produzioni in oggetto, non mancheranno. Per scenari intendo riferirmi tanto
ai luoghi chiusi quanto a quelli aperti. Per i primi vengono presi in rassegna
i locali che accolgono le immobilizzazioni tecniche del passato e dell’oggi
mentre per i secondi le vaste estensioni dedicate alle coltivazioni che, con un
pizzico di sale e il sorso di un buon bicchiere di vino, favoriscono la bontà
delle nostre pietanze e libagioni.
Spazi immensi per le
saline, si parla di qualche migliaio di ettari, e spazi più ridotti per la
cantina-vigneto in programma ma confortati, questi ultimi, da un panorama
mozzafiato che descriverò più avanti e che si colloca tra i più belli della
Sardegna.
La visita al museo
interessato alla raccolta delle attrezzature utilizzate nel secolo scorso da
meccanici e da operai della salina termina in una mezzora, mentre un tempo
maggiore viene dedicato alla presentazione dei locali adibiti ad uffici ed
archivi appartenuti al toscano Contivecchi, il fondatore dell’omonima
azienda.
Non manca il
presentatore di far cenno, a chiusura della sua relazione, a molti dei
sottoprodotti ottenuti durante le varie fasi di decantazione dell’acqua
salmastra. Mi ha sorpreso tra questi il solfato di calcio, un sale che
favorisce la produzione del cartongesso, un materiale utilizzato come coibente
nell’edilizia e che viene posto in commercio con il nome di gillite,
lemma derivante dal compartimento di Santa Gilla. Continua la nostra guida affermando
che la decantazione di un sale è favorita dalla sua densità e dall’azione del
vento, il vento di maestrale. In sua assenza le evaporazioni sono nulle. E il
vento ha la sua ragion d’essere anche nei terreni dedicati ai vigneti che
visiteremo di pomeriggio e che fanno capo alla cantina denominata Su’entu.
La seconda guida ha
il compito di favorirci, con un trenino a ruote gommate, un’escursione nei
campi di coltivazione del sale dove è possibile osservare, già da subito, una
montagna di oro bianco e tantissimi fenicotteri dal piumaggio tendente al
rosa. La prima assume la forma delle
antiche piramidi egiziane a gradoni mentre i secondi assomigliano a delle
mondine che in campo aperto ripuliscono le risaie. Sono meravigliato dalla loro
compostezza e portamento. Mi stupisce come riescano a librarsi in volo con
tutto il loro peso per poi mantenere a lungo assetti aerei da abili
crocieristi. Riferisce il nostro autista e cronista che questi uccelli, per la
ricerca del cibo presente nei bassi fondali, setacciano l’acqua con particolari
filtri-colino presenti nel loro becco.
Oggi è domenica e
per gli operai è giorno di riposo. I trenta operai dell’oggi raggiungono, con i
moderni mezzi di trasporto, l’equivalente produzione dei millecinquecento
operatori del passato.
La terza guida,
servendosi come sussidio didattico della cartina che riproduce il percorso di
queste acque madri, fa spesso riferimento, trattando della decantazione dei
liquidi, a contenuti di alto livello culturale. È meritevole di essere
ascoltata nel suo intervento ma, con i gradi Baumè e con la definizione dei
vari composti chimici con terminazioni in oso, ico, ito, ato ed uro e
rispettive formule, alcuni dei partecipanti preferiscono soprassedere.
Complimenti in ogni modo ai vari esperti e alla loro disponibilità a dialogare
con i partecipanti.
Ed eccomi ora nei
pressi della cantina vigneto di Su Entu in territorio di Sanluri. Per
guadagnare l’ingresso al Dominarium, il pullman non deve fare alcuna
fatica. Deve percorrere un sentiero in leggera salita e portarsi in poco tempo
sul sito più importante dell’azienda: un fabbricato con le pareti esterne
modulate elegantemente in pietra a vista di materiale scistoso e con vasti
locali interni che accolgono uffici, macchinari, grandi serbatoi in acciaio,
botti in rovere, imbottigliatrici e ampie sale di ricevimento per gli ospiti e
per le comitive di passaggio.
La guida è già
pronta ad accoglierci e ad illustrarci i vari passaggi aziendali senza
escludere qualche notazione di rilievo sulla terra che accoglie il vigneto. In
tutto sono cinquanta gli ettari che scivolano sotto i nostri occhi sino alla
circonferenza di base di questa collina di forma tronco conica.
Oltre la recinzione
esterna, un ampio panorama, di raggio non superiore ai cinquanta chilometri,
permette all’osservatore di cogliere con lo sguardo gli estremi confini di
questa cartolina mozzafiato. In direzione di Cagliari, un po' di foschia
impedisce di vedere i contorni della Sella del Diavolo; a sud ovest, i monti
dell’Iglesiente, che sino a qualche giorno fa erano ammantati di bianco, si
presentano con le eterne sinuosità delle loro cime e con le falde dai manti
scuri e severi; a nord ovest, in lontananza, si intravvedono i contorni del
Marghine e della Planargia mentre a nord est, la Barbagia centrale, arroccata
su un Gennargentu in divisa bianca per le abbondanti nevicate primaverili,
funge da avamposto di tutto riguardo. Ad est, a pochi chilometri dal nostro
punto di ritrovo, si intravvede un piccolo paese: è Furtei. In detto territorio
una società australiana progettò, anni addietro, di coltivare l’oro, ma con
scarso successo. Ad ovest c’è Sanluri, ma non è visibile, eppure è vicinissimo,
appena dietro la collina. Funge da fulcro di questo interessante paesaggio il
compartimento denominato Marmilla.
Le distanze tra i
vari dipartimenti segnalati in questo servizio erano coperte, nei secoli
scorsi, dai cavalli in giornata. Secondo testimonianze dell’Ottocento, il tempo
impiegato da alcuni cavalcanti di Tonara per raggiungere Bosa, cittadina dove
venne consacrato vescovo Antonio Tore, loro compaesano, oppure Ales, centro
quest’ultimo delegato ad accogliere il presule citato, non superava mai le ore
di luce quotidiane. Ed i chilometri da percorrere, con la soma a pieno carico,
erano di gran lunga superiori a quelli definiti in linea d’aria. Mi sembra, in
questa cartolina da sogno, di rivivere quei passaggi ottocenteschi.
Intanto il vigneto,
ben disteso a trecentosessanta gradi sui vari versanti, dorme su una superficie
superiore di sei ettari all’area dello Stato del Vaticano. Mezzo chilometro
quadrato, una cifra che ridotta in metri quadri raggiunge quota
cinquecentomila. Per trovarti a tuo agio con queste misure e forme geometriche
puoi considerare un quadrato di settecento metri di lato.
Dovrei ora parlare
dei vini prodotti e della lora qualità ma non riesco a comunicare al meglio in
questo settore. Eppure, quando mi trovavo a Conegliano, cittadina nella quale
ho vissuto per quasi un decennio, avevo l’opportunità di visitare tanto i
laboratori della scuola enologica quanto le celebri cantine di quel
comprensorio. Ho sempre rimandato. In provincia di Torino, invece, ho avuto la
possibilità di essere ospitato in una cantina di prestigio dove serbatoi di
grande capacità avevano destato impressione e curiosità. Sono ricordi di una
quarantina di anni fa.
La guida, intanto,
dopo averci fatto gustare i migliori passaggi del panorama circostante ci
proietta all’interno del fabbricato per favorirci quanto di meglio la cantina
offra di attrezzatura, di macchinari e di arredamento. Di processi produttivi
appena un cenno. Di formule chimiche legate ad ossidrili e gruppi acidi
carbossilici nessuna menzione. Meglio di così non poteva andare.
Immancabili le domande
sul materiale impiegato nella costruzione delle botti e sul loro reperimento.
Legno di rovere ma di provenienza estera. Al mio paese, in Barbagia, avevo
conosciuto un bottaio che, con semplici strumenti e con il fuoco, riusciva ad
assemblare nel verso giusto le doghe (is doas) ed i cerchioni di contenimento.
E le botti (is cubas) erano rifinite al meglio. Dell’abilità di un artigiano
che realizzava piccoli barilotti in castagno di modesta capacità ne posso dare
ampia testimonianza facendo ricorso ai ricordi della mia adolescenza.
Le botti aziendali,
di ottima fattura, hanno la possibilità di essere manovrate, senza compiere
alcuno sforzo, come quando ci si trova alla guida di una automobile. Questo
succede perché ognuna di esse poggia su delle piccole ruote che favoriscono i
movimenti e la torsione del recipiente.
Detti contenitori, quasi tutti della stessa capacità, si susseguono in
quattro corsie, con distribuzione dei medesimi a tre a tre in ordine di altezza.
Risulta facile anche contarli. È sufficiente memorizzare il numero delle botti
per corsia e moltiplicare per quattro. Per la guida sono comunque
duecentocinquanta.
In un altro locale
fa la sua bella figura l’imbottigliatrice. Non avrei mai immaginato che tale
apparecchiatura servisse a tale uso. Gli addetti all’utilizzo di tale
macchinario sono in numero di sei e tra questi vi è una prima persona che
provvede ad inserire nell’imboccatura la bottiglia vuota ed una seconda a
prelevarla piena a fine percorso. Del lavoro svolto dagli altri quattro operai
riferirò quando avrò la possibilità di vedere il macchinario in funzione. Il
numero di bottiglie, che nel tempo di un ora compie il percorso esatto, è di
millequattrocento. Così mi sembra di aver capito.
Il vigneto in questo
periodo dorme, ma produttori, agronomi, enologi, commercialisti ed esperti nei
vari settori vigilano attentamente sui prossimi risvegli delle viti e dello
spettacolo che verrà offerto dai lunghissimi filari. Sono quasi pronte, invece,
le ripartenze degli operatori stagionali. La filiera degli investimenti non
abbassa mai la guardia.
Da Sanluri,
cittadina che sta dando lustro in campo economico a personaggi quali Soru e
Cellino, e da Su Entu, con i suoi validi imprenditori e collaboratori, un
arrivederci a presto.
Pasqua 2022.
Giovanni Mura.
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