Il sito museale di tiu Tziccheddu
Mi trovo nei
pressi di Sa Ruge, il singolare crocicchio tonarese che accoglie nelle sue
quattro direzioni i punti terminali delie arterie più elevate del rione di
Arasulè. Le contrade interessate sono quelle di Su Forreddu in alto, di
Istraccu in basso e di Su Montigu e della vicina campagna in tracciati quasi
pianeggianti. La prima sotto frazione, intorno agli anni Trenta dell’Ottocento,
aveva ospitato in una delle sue abitazioni, il parroco isilese Antonio Medda,
la seconda, nei suoi ampi locali, aveva provveduto a soddisfare, nella prima
metà del secolo scorso, le esigenze scolastiche di generazioni di alunni e la
terza aveva dato i natali nel 1781 ad Antonio Tore, figura di spicco nel mondo
clericale sardo (sacerdote in diversi centri della Barbagia centrale, vescovo
ad Ales ed arcivescovo a Cagliari).
Il sito
museale di tiu Ziccheddu, ubicato in Su Montigu ad una distanza non superiore
al centinaio di metri dal crocevia, è stato inaugurato stamane in occasione di
Cortes apertas, manifestazione che si sta svolgendo nel rione di Toneri. Oggi è
domenica 9 ottobre ed il tempo, contrariamente alle previsioni meteorologiche
che avevano segnalato per queste ore pomeridiane piogge intense, è buono.
Una
precisazione è d’obbligo. La casa, che oggi ha in custodia innumerevoli pezzi
di antiquariato, faceva capo dal 1951 ai coniugi Sulis-Maxia, data questa che
ricorda il matrimonio contratto dal maestro elementare Paolo Sulis con Orsola
Maxia, figlia del signor Francesco. Ora sono subentrati nell’eredità i figli,
due donne ed un uomo, i quali, da tempo, si stanno impegnando a raccogliere il
materiale necessario ad impreziosire gli svariati angoli museali.
E veniamo ora
alla presentazione di tiu Tziccheddu, di colui che, nel corso della sua vita
lavorativa, non ha mai smesso di custodire i vari strumenti ed articoli ormai
obsoleti e quindi inservibili nei suoi laboratori. Le attività principali che
hanno impegnato il signor Maxia sono diverse ma prima di inquadrarle si rende
necessario dare spazio ai suoi estremi anagrafici e alla vicenda traumatica
occorsagli al tempo della Prima Guerra mondiale.
Era nato in
Cartutzè, contrada del rione di Toneri, il 25 ottobre del 1889. Il genitore, di
nome Antonio, proveniva dal comune di Senis mentre la madre apparteneva al
casato tonarese dei Cocco. Traggo queste brevi notizie, fatta eccezione per il
luogo di provenienza del signor Antonio suggeritomi dalla pronipote Franca
Sulis, dal Censimento dei fanciulli obbligati alla frequenza scolastica
a norma della legge 15 luglio 1887. In detto elenco, curato dal segretario
comunale Raffaele Pulyx, risulta tra gli iscritti anche il fratello Paolo,
della classe del 1886. La professione indicata per il loro genitore è di contadino
nella citazione riservata al più anziano degli iscritti, mentre è di proprietario
nelle attenzioni riguardanti il più giovane di età. La fortuna di conoscere
un terzo fratello di nome Giuseppe, di professione conduttore di carri a buoi,
mi ha permesso di far visita alla sua abitazione in Cartutzè quando questa
contrada era ancora in vita. Ricordo benissimo in entrata l’ampio spazio
riservato agli animali da tiro e in fondo una scala in legno che conduceva in
cucina e verso un poggiolo che ti inquadrava la grande vallata e le superbe e
maestose montagne. Il padrone di casa, una persona dal carattere mite e dai
modi gentili, era stato mio compare di cresima. Del lavoro che svolgeva con gli
animali e l’aratro non posso dimenticare il tempo impiegato per dissodare un
terreno di una ventina di are: appena tre ore.
L’albero
genealogico dei Maxia offre poche attenzioni al panorama umano locale. Dai
censimenti redatti dai parroci tonaresi negli anni 1775, 1798, 1811, 1829 e 1845
non risulta alcuna segnalazione di detto cognome. Risposte nulle anche dai
registri di battesimo, di cresima, di matrimonio e di morte degli anni a
cavallo del Cinquecento e del Seicento. I Cinque Libri citati si fanno vivi con
il censimento del 1856. In detto Status animarum si fa riferimento, nel
rione di Arasulè, alla seguente composizione familiare:
Antonio Maxia
di anni 32, genitore, con il titolo di dottor ,
Giovanni di
anni 5, figlio,
Efisio di
anni 3, figlio,
Giuseppa
Raimonda Fais di anni 40, domestica e
Antonio Lai
di anni 55, domestico.
Riprendiamo
il discorso con il nostro attore principale che in breve tempo diventa sarto,
mestiere che deve suo malgrado abbandonare a seguito di una mutilazione
occorsagli ad un braccio nel grande conflitto bellico. A guerra ultimata ha
modo di conoscere a Toneri Francesca Mereu, una compaesana domiciliata nella
contrada denominata Catzolaghedu, nei pressi di Cortzò, lungo la via Vittorio
Emanuele. È in detta
sotto frazione che ho potuto conoscere, intorno alla metà degli anni Cinquanta,
Sebastiano, fratello di Francesca, un modesto negoziante di generi alimentari.
Talvolta, alla mia richiesta in dialetto di un solo gianduiotto del valore di
quindici lire, sentivo rispondermi: oe gigulladde non ne tegno (oggi non
ho cioccolati). Nel nostro vernacolo il termine usato è Tziculate. Non mi sono
mai permesso di chiedere informazioni sulla variante da lui usata.
Il signor
Francesco Maxia, in seguito al matrimonio contratto con Francesca Mereu, riesce
ad ottenere il patentino per l’esercizio di una tabaccheria nella via Roma,
l’arteria che dà l’accesso al rione di Arasulè. Il cambio di attività è subito
realizzato ma, nei momenti liberi, tiu Tziccheddu non trascura le sue
attenzioni per l’orto di Agina niedda, in prossimità del rione di Teliseri. Gli
apporti dell’acqua necessaria per irrigare la piccola superficie dedicata agli
ortaggi sono assicurati da una falda ospitata in un pozzo dalla forma tronco
conica rovesciata. Bello da vedersi, mi riferisce Franca Sulis, la
dottoressa in pensione. É un’opera monumentale, soggiunge.
Per
assecondare la sua seconda attività, è stato notevole il contributo offerto in
età matura dai suoi quattro figli, tra i quali tre donne. Con Giovannina,
l’ultima a congedarsi dal pianeta Terra all’età di quasi novanta anni, si è
chiuso un ciclo di intensa attività lavorativa. Lo spazio dedicato al
rispolvero del passato è in mano ora ai nipoti di tiu Ziccheddu o meglio
ai figli della coppia Sulis-Maxia.
Fra i reperti
esposti ed ascrivibili alla sartoria ritroviamo ferri da stiro a carbone,
forbici da taglio con il braccio della potenza ridotto a pochi centimetri ed il
braccio della resistenza esteso a circa tre decimetri, macchine da cucire Singer
tra le prime nate e tanti piccoli oggetti utili in laboratorio.
Dell’esposizione fanno parte anche molti abiti dismessi da Orsola, Alma e
Giovannina, figlie del signor Francesco. Fanno storia museale anche gli
svariati modelli e relative pubblicità proposte nel tempo.
Tra gli
articoli di bottega della Rivendita tabacchi e tra quelli recuperati da
tiu Tziccheddu, ho potuto notare
a)
una
bilancia a piatti uguali, con i pesi divaria grandezza ben distribuiti ai loro
posti e in ordine simmetrico rispetto al quadrante di lettura posizionato al
centro,
b)
diversi
scaffali ed armadi a vetrata con ripiani assortiti di scarpe di vari tipi e per
ogni età e di capi di biancheria per il bagno e per gli altri ambienti,
c)
un
lavamano utilizzato negli anni Trenta e Quaranta,
d)
un
contenitore in cartone con tanto di caratteri cubitali che riferiscono di
donazioni fatte dal popolo americano nell’ultimo Dopo guerra.
Il tutto
risulta ben disposto ed ordinato secondo una logica inseguita da Antonella
Sulis nelle sue continue visite ai maggiori musei europei. Le scarpe durante
l’esposizione devono essere sempre spaiate, eventualmente una leggermente
inclinata verso l’alto e l’altra verso il basso, tiene a precisare la
professoressa.
Mi è sfuggita
la presenza di qualche pacchetto di sigarette di Alfa, Nazionale, Colombo,
Mentolo, Africa, di qualche tabacchiera da naso o degli accendini con
l’acciarino. Sarà per un’altra volta.
Tutto questo
vale per il museo incastonato tra le case a schiera che si succedono lungo la
via Eleonora nel rione di Arasulè. Tra i punti notevoli che lo inquadrano a
debita distanza segnaliamo:
a)
di
fronte, oltre la strada ma in direzione nord, l’abitazione dei genitori del
maestro Sulis, meglio nota come la casa del maresciallo Patta,
b) di spalle, a mezzogiorno, su
Errile, la buia strettoia che mette in comunicazione Su Montigu con Funtana
Idda. Sarebbe bene che detta via, durante le manifestazioni di un certo
riguardo, fosse illuminata a dovere almeno nei punti del tracciato con maggiore
criticità. Tornerebbe utile e vantaggioso alla comunità ed ai visitatori poter
disporre, inoltre, di una mappatura degli erriles presenti nel tessuto
urbano. Con un progetto didattico riservato alle scuole di ogni ordine e grado
si potrebbe risolvere facilmente il caso.
c) a sinistra, verso occidente, il
crocicchio di Sa Ruge ed anche la costruzione in stile liberty appartenuta
al segretario Pulyx,
d)
a
destra, ad oriente, la piazzetta di Su Montigu, la contrada che ha dato i
natali a monsignor Tore.
Una ultima
segnalazione, riservata al visitatore della Casa Museo, vale per ricordargli di
chiedere ai padroni di casa di aprire una delle finestre del piano superiore
che guardano a mezzogiorno e di riferire, al termine della sua lettura
panoramica, le sue emozioni ed impressioni.
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