Memorie tonaresi in pratza manna

mercoledì 18 maggio 2022

Carbonia. I pozzi di Serbariu

 

Carbonia

I pozzi di Serbariu

 

   La velocità di crociera del pullman che da Oristano indirizza alla città mineraria consente agevolmente al viaggiatore di cogliere le migliori sfumature e sfaccettature dei quadri naturalistici proposti da questa stagione primaverile.

   Ho sempre ritenuto che le severe montagne che incorniciano i vari centri del Sulcis Iglesiente fossero ammantate di colori scuri ma mi sono ricreduto questa mattina nell’osservarle con tinte inaspettatamente verdi. Viste da vicino non si fa molta fatica a capire che questo sfarzo cromatico è favorito dalle chiome degli arbusti della macchia mediterranea.

   Costruzioni a schiera, binate e singole, sembrano richiamare lo sguardo dei viaggiatori ad una osservazione più attenta delle aree verdi a ridosso delle edificazioni. A baluardo della loro difesa è segnalata la presenza di stranissime montagne di forma tronco conica.

   Il mezzo si trova ora nei pressi dell’ingresso della miniera di Serbariu, sito evidenziato a distanza dalla presenza di due possenti ruote collocate, a ridosso delle rispettive costruzioni, a circa trenta metri d’altezza.

   L’autista, dopo aver indirizzato il pullman all’interno dell’ampio parcheggio ed invitato i passeggeri a scendere, resta in attesa che la visita alla miniera si concluda nel migliore dei modi.

   La guida delegata ad accogliere il gruppo dei visitatori di cui faccio parte è già pronta a fornirci le prime istruzioni di carattere storico e museale del plesso minerario che fa capo alla città di Carbonia, centro istituito con R.D.L. il 5 novembre del 1937 ed inaugurato da Mussolini il 18 dicembre del 1938. Fatte queste brevi precisazioni ci invita ad attraversare l’ampio piazzale che porta ad una delle due altane gemelle.

   Una volta all’interno del vasto monolocale ci accorgiamo che gli spazi riservati ai visitatori sono estremamente ridotti e ciò per favorire gli avvitamenti della puleggia attorno ai rotori dell’imponente macchinario che regola il traino degli ascensori, in salita ed in discesa, verso il pozzo.

   Cerco di capirne di più accostandomi alla viva voce della guida ma devo accontentarmi di sostare nelle retrovie in quanto le postazioni migliori sono già occupate da altri. Peccato! Devo purtroppo affidarmi solamente alla lettura delle mie dirette osservazioni o alle tardive richieste di chiarimenti verso terzi. Di questo supplemento di consulenza ne approfitto durante il percorso che porta alla hall della reception.

   Intanto riceviamo istruzioni sul comportamento da tenere negli approcci con il nostro breve percorso in miniera. Siamo inquadrati in gruppi di venti e ben equipaggiati di retina e di elmetto copricapo. Attendiamo il via per i piani sotterranei. Alla nostra destra si trova il lungo bancone che nei tempi di operatività del pozzo serviva per favorire la consegna, tra operatori aziendali e minatori, delle targhette di riconoscimento, delle lampade di acetilene e degli elmetti di protezione. Gli oggetti di scambio sono ora visibili lungo la parete che corre sulla bancata. Le fascette metalliche assomigliano tanto ai gessetti utilizzati nei tirassegni delle feste paesane. Disposte una appresso all’altra per file e per colonne occupano in verticale uno spazio non superiore ad un foglio di propaganda elettorale. Sono più di un migliaio.  

   Per la discesa non si fa uso di gabbie ma di scale ben distribuite in ampi gradini e diversi piani di riposo.

   Le volte diventano basse e spesso bisogna chinarsi per poter procedere oltre. I percorsi sono mediocremente illuminati per cui bisogna prestare attenzione alle insidie avanzate dalle rotaie e dalle berline, ossia i cassonetti atti al trasporto del materiale.

   Non si fa alcuna fatica a capire le condizioni di lavoro dei minatori. Caldo, aria irrespirabile, rumori, spossatezza, spazi ristretti, situazioni di costante pericolo. Questi gli ingredienti di un lavoro che dispensava, inoltre, a tutti gli operatori malattie respiratorie di grosso impatto.

   Riferisce la guida che intorno agli anni Cinquanta vennero impiegati nell’attività estrattiva poderosi macchinari che favorirono di molto la produttività dell’azienda statale e resero più razionale e dignitoso il lavoro dell’operaio. Uno di questi impianti, ben visibili alla nostra destra, sebbene inoperosi, presenta delle potenti ganasce circolari pronte ad addentare ed a sbancare con decisivi avanzamenti le pareti di contorno. Il tutto è ben spiegato dalla guida che non tralascia di scendere nei particolari di alcuni ingranaggi. Sembra molto soddisfatta delle spiegazioni la ragazza del gruppo di cui faccio parte che cerca in continuazione di prendere appunti su un taccuino abbastanza assortito. Penso abbia fatto un particolare riferimento alle condizioni di lavoro dei minatori. Condizioni pur sempre improponibili.

   Da parte nostra si fa una certa fatica anche ad effettuare il breve tragitto che per qualche centinaio di metri obbliga a prestare la massima attenzione nei passaggi continuamente offesi dalle rotaie e da un amalgama di sottofondo a base di materiale granuloso.

   Mio suocero, che in attività lavorativa aveva calcato la scena in questo sito per diversi anni, non mi aveva mai parlato della vita in miniera. Forse per riservatezza, quella stessa riservatezza nella quale si era rifugiato mio padre quando per indelicata curiosità gli proponevo argomentazioni sul periodo vissuto in trincea nella guerra del 15-18.

   Risaliamo intanto i gradini e i pianerottoli che ci hanno portato indietro nel tempo e ci congediamo mestamente riconsegnando agli operatori aziendali quanto ricevuto in consegna.  

Nessun commento:

Posta un commento