Dalla Barbagia di Ollolai alle Alpi Dinariche
Vacanze ai confini dell'immaginario
Visita nella Barbagia di Ollolai
Dopo aver girato in lungo e in largo per l’intera mattinata di ieri nei caratteristici paesi di Olzai, Gavoi ed Ollolai e nel pomeriggio quelli di Mamoiada, Fonni e Lodine mi ritrovo dopo tanti anni ad Ovodda in casa di parenti.. Mi sento stanco ma veramente appagato di essere riuscito a completare in così breve tempo il mio itinerario nella Barbagia di Ollolai.
Delle comunità citate, Ovodda è l’unica ad appartenere, contrariamente ai centri citati che ne facevano parte nei secoli addietro, alla diocesi arborense.
Passo subito ad elencare le principali differenze tra la Barbagia Superiore, dove ora mi trovo, e la Barbagia Centrale della quale ho già presentato precedentemente brevi segnalazioni.
Il manto vegetativo. Tra le cupolifere, che si distribuiscono con una certa regolarità nell’ampio territorio, costituito da montagne tozze e granitiche e da caratteristici fondivalle, si apprezza, rispetto ai castagneti, una maggiore presenza di querceti.
Fonni, Ollolai, paesi che godono nell’isola della maggiore altimetria, sono adagiati su altopiani non tanto estesi mentre i restanti, fatta eccezione per Lodine, sembrano appollaiati sui declivi di vaste falde collinari.
La cultura dell’ovile. Raramente, durante questa mia visita, mi è capitato di osservare greggi al pascolo ma le informazioni raccolta tra la gente precisano che la vocazione per gli allevamenti ovini è notevole e che la produzione dei latticini è abbondante e di buona qualità.
Il formaggio di Gavoi è conosciuto dappertutto, anche all’estero. A Marktplatz, la piazza del mercato della città di Basilea, per acquistarne un chilo devi sborsare cento franchi svizzeri, l’equivalente di sessantacinque euro. E’ un’esagerazione ma non per le tasche di certi buongustai elvetici.
La cultura del vestiario. E’ una linea di tendenza molto marcata quella che va ad interessare il mercato del vestiario e delle calzature. Un po’ tutti fanno sfoggio di abiti di velluto e di scarponi di buona tenuta. Abilissimi operatori del panno e del cuoio accontentano a fatica i clienti del luogo e quelli dei centri vicini.
Il materiale usato in edilizia. Le abitazioni, al pari delle costruzioni degli antichi nuragici, sono nella maggior parte edificate in granito a vista.
Il dialetto. Notevoli le differenze nel lessico ed in campo fonetico. Alla asprezza dei suoni, spesso duri ed aspirati, si contrappone un vocabolario non sempre abbordabile. Ciò che mi stupisce è che loro non fanno alcuna fatica a capire gli altri dialetti. Per chi assiste per la prima volta ai loro dialoghi è portato a pensare che siano afflitti da continue convulsioni. Ogni qualvolta ricorrano all’uso delle consonanti ci o effe devono giocoforza sollecitare gli organo della glottide e del diaframma. Qualcosa del genere succede quando si tossisce. Lo stupore cessa quando devono comunicare in lingua italiana. In tal caso la dizione è perfetta.
Ancora sul dialetto. Hachere dal latino facere è un verbo molto ricorrente nella parlata di questi territori. Tanto per accennare a qualche comparazione con i dialetti che in Sardegna vanno per la maggiore preciso che in quello campidanese, utilizzato dal settanta per cento degli isolani, il corrispondente di fare è fai, mentre nella variante logudorese, ad uso di una percentuale inferiore al trenta per cento, è faghere.
Alla partenza da questi distretti un tale mi ha augurato buone feste con Hae bonas *estas. In quel dittongo di hae e nella iniziale di estas si sottendono convulsioni a ripetizione di un certo effetto. Che dire poi dell’iato presente nell’espressione andare a *Ampidanu (andare nel Campidano) e curato efficacemente con il solito ricorso agli organi della laringe, diaframma e glottide.
Su mare nostu. Fa bella mostra di sé in tutto il comprensorio la bella distesa d’acqua nel bacino artificiale del lago Gusana a Gavoi. Qualcuno dei locali ha perfino coniato l’espressione ad effetto Su mare nostu.
I francesi che passano da queste parti si trovano a loro agio soprattutto nella lettura dei nomi dei paesi di questo dipartimento. Guai a contraddirli quando pronunciano Ollolè per Ollolai, Olsè per Olzai, Gavuà (Gavuà sur le lac) per Gavoi né cambiano intonazione quando in Costa Smeralda leggono Palò per Palau.
Passando agli apprezzamenti di parte tedesca sui paesaggi e sugli usi e costumi di queste popolazioni, mi è capitato di sentire spesso l’aggettivo wunderbard, l’equivalente di wonderful di fede inglese. Di questa forma di compiacimento ne ho preso atto nella discussione con due anziane rappresentanti del Regno Unito.
Il carnevale di Ovodda. Il top dei festeggiamenti è curato nel Mercoledì delle Ceneri. In tale centro non sembra che vengano dissacrati né il Carnevale né la Quaresima.
Lo spopolamento. A soffrirne maggiormente è il centro di Olzai, quindi a seguire Mamoiada, Ollolai, Fonni, Gavoi ed Ovodda. Lodine con il suo tasso decennale dello 0,88 per cento è in crescita. Si può affermare che nel quarantennio che corre dal 1951 al 1991 la sua popolazione è aumentata del 3,52 per cento . Le altre comunità hanno fatto registrare nell’ordine questi tassi decennali :9,43 per la prima che è Olzai, 4,55 per la seconda, 3,78 per la terza, 2,94 per la quarta, 2,89 per la quinta e 1,68 per l’ultima, rappresentata da Ovodda. Sarà sufficiente moltiplicare per quattro per avere le percentuali di perdita subite nel periodo preso in considerazione.
L’ospitalità. L’ospite è sacro ma a patto che vengano rispettate le regole del gioco: rispetto per la gente, per le montagne, per le acque, per le sagre, per la privacy, per il dialetto e per tutte le storie fatte di mulini, di gualchiere, di sortilegi, di tzilleris, di tzillonargios, di balli, di maschere (tumbarinos e mamuthones), di colori, di sapori, di canti, di nenie, di albe chiare e di tramonti targati Barbagia di Ollolai.
La Croazia
Da qualche anno va di moda visitare i litorali orientali del mare Adriatico ed i loro entroterra. Mi riferisco in particolare alle vaste regioni della ex Iugoslavia che oggi, nazioni autonome, hanno il nome di Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia.
Ricorrendo ad una similitudine forse un po' azzardata potrei rappresentare l'insieme con il volto di una donna (la Bosnia) che, con la capigliatura (la Croazia) ed un cappellino stile anni trenta (la Slovenia), raffigura nell'ordine le tre unità etniche.
Ad onor del vero per completare la folta chioma é necessario fare ricorso ad un'altra nazione: la repubblica Srpska, un territorio, non ancora riconosciuto dagli altri stati, che funge da cuscinetto tra la Bosnia e la Serbia ad est e tra la Bosnia e il Montenegro a sud. Con la lettura dell'espressione suor Pasqua, senza far uso delle prime quattro vocali, si potrebbe tentare di pronunciare la curiosa denominazione.
Sono molto ricorrenti nelle lingue slave i termini onomatopeici. Dall'utilizzo del termine Krvat, che significa croato, in Francia, nel periodo in cui una rappresentanza di soldati slavi, il cosiddetto reggimento Royal-Cravate, prestava servizio alla corte di Luigi XIV, con l'uniforme valorizzata dal caratteristico foulard, venne coniata nel 1651 la parola cravate, e per derivazione il corrispondente italiano di cravatta.
In fatto di pronuncia, a complicare le cose, intervengono anche gli accenti il cui uso genera ulteriori problemi in campo fonetico. In particolare quello circonflesso, volgarmente chiamato dai triestini pipetta, come riferisce Giuliano, lo sloveno di Capo d'Istria, l'autista del mezzo del nostro gruppo, é sempre rappresentato nella scrittura in caduta libera con l'angolo rivolto verso il basso.
Sul volto di donna richiamato dalla similitudine due grandi occhi tristi contrassegnano le città di Saraievo e Monstar nella Bosnia Erzegovina. Zagabria e Bagna Luca, capitali nell'ordine della Croazia e della repubblica di fatto della Srpka, sembrano essere rappresentate da coccarde pendenti dal cappellino mentre lungo i capelli fluenti, in corrispondenza del mare Adriatico, esplodono per luminosità e bellezza diverse città care alla nostra storia: Fiume, Zara, Sebenico, Spalato e Dubrovnik.
Una precisazione: non cercare arenili da queste parti, non raccoglierai un secchio di sabbia in tutto il litorale croato, un percorso lungo quanto la distanza che corre da Bari a Venezia.
Per quanti raggiungono l'ultima località slava direttamente dal mare, la città appare in un contesto di pietra, cui si aggiunge altra pietra, quella bianchissima e levigatissima trasportata dall'isola di Corzula, il particolare materiale lapideo che modella strade, chiese, monumenti e fortificazioni dell'antica Ragusa, l'odierna Dubrovnik.
Le Alpi Dinariche di questo estremo lembo della Croazia, quasi al confine con il Montenegro, incastonano tra cielo e mare, tra rocce ed isolotti, un gioiello di rara purezza rappresentato da una fortezza medievale che affonda a guisa di stella marina i suoi bracci principali sui fondali acquatici sino a raggiungere l'antistante isolotto di Lacroma e si adagia dolcemente con i restanti appigli sui dorsali della montagna. Le costruzioni della nuova città e l'avveniristico ponte sospeso nell'aria sembrano cedere voluttuosamente alla possente stretta operata dai giganteschi tentacoli.
Uno dei due piloni che sostengono la lunga campata di 512 metri soggiace al gioco dei momenti di forze che agiscono sui trentasei tiranti d'acciaio. Qualcosa di impressionante e di spettacolare. Quasi una fotocopia in formato ridotto del famoso ponte di Patrasso in Grecia. Ma queste sono cose che i croati, facendo finta di non sapere, non riferiranno mai.
Il corpo del grande asteroide, definendo nei suoi perimetri esterni, costituiti da alti bastioni, torri e camminamenti, un percorso di circa due chilometri, inscrive nel suo interno una fitta rete di strade, vie, viuzze e scalinate su cui si affacciano monumenti, luoghi di culto, musei, edifici storici, case private, negozi, piccoli ristoranti e punti di ritrovo. Il panorama umano è offerto dal caldo abbraccio di una marea di anime che, in ogni momento della giornata, calca la pietra bianca di Corzula, una delle 1200 isole croate adagiate sul mare.
Risalendo la costa adriatica sono obbligatorie le soste a Spalato, a Sebenico e a Zara. In quest'ultima città, ricca di storia, di romanità e di fede, alle dieci del mattino di lunedì sette agosto circa duecento fedeli assistono alla messa: 170 zaratine e 30 zaratini. Alte quelle, altissimi questi fra i quali alcuni, impettiti come delle stalagmiti animate, superano abbondantemente i due metri. La disposizione sotto la navata centrale del duomo di San Donato é regolata da due bancate di circa venti banchi ciascuna. Celebrante e credenti partecipano ai vari momenti liturgici con fede e convinzione. La nostra visita alle opere d'arte esposte nelle navate laterali non sembra infastidirli più di tanto.
Nei locali interni del monastero di clausura della città le monache custodiscono con molta cura i più bei reliquari ecclesiastici. E' un patrimonio di notevole spessore storico e culturale tutto da vedere ma non da fotografare. A guardia degli oggetti preziosi sono le stesse religiose ben distribuite nelle varie sale del percorso museale. Le mantellate, statuarie per imponenza, immobili nel loro raccoglimento mistico, ieratiche nel portamento, sono veramente alte. Se socchiudi gli occhi ti sembra di inquadrare delle monofore gotiche. L'ampia veste di colore nero che le ricopre dalla testa ai piedi mette in risalto l'ampia fasciatura bianca che avvolge strettamente buona parte del viso. E' vietato fotografare ma se mi fosse permesso riserverei qualche scatto per loro.
A Nin, sempre sulla costa, si trova la più piccola cattedrale del mondo. La sua superficie, compresi i muri esterni non supera gli ottanta metri quadri.
A Buccari non manca l'occasione per ricollegarti alla beffa dannunziana mentre a Fiume hai modo di rivedere quello che rappresentava il vecchio confine tra Italia e Iugoslavia. Bella Fiume, aristocratica Abbazia, ma ancora più maestoso il ponte in pietra costruito dagli austriaci a monte delle due città. In alto il celebre santuario dedicato alla Madonna di Tersatto.
La Croazia inoltre ha la fortuna di gestire a nord, nella regione della Licca, una vasta distesa di acqua lacustre. Gli ottanta ettari di superficie, distribuiti in una decina di laghetti comunicanti tra di loro e disposti in diversi livelli assicurano con le loro cascate e con i percorsi da sogno all'ombra di alte conifere un rilassante svago per chiunque.
Per capire al meglio la flora di questo ambiente paradisiaco bisognerebbe poter contare sull’assistenza di qualche botanico. Le donne del nostro gruppo non sembrano soffrire più di tanto per la mancanza di tale figura. Fra di esse vi è chi riesce ad individuare un grande ciuffo di vischio sopra un salice e chi, quasi in colpa per non averlo riconosciuto prima, si ripaga individuando questo curioso emiparassita sui rami generosi di una ombrellifera.
Cartelli espressi in diverse lingue segnalano lungo i vari specchi lacustri i rispettivi indici di altimetria, di profondità, di superficie e di dislivello. E' già tanto per chi desidera determinare i tempi e le velocità d'impatto dell'acqua nei vari salti.
Ai piedi dell'ultimo punto di osservazione, dal quale la regione della Licca si congeda dalla vista del trasognato turista con una cascata di 78 metri, altri cartelli segnalano l'importanza della formazione del tufo calcareo che, sedimentandosi sui margini estremi dei vari bacini, favorisce, a spese dell'ossigeno fissato dall'acqua nella sua caduta libera e dei sali minerali presenti nelle rocce, il perpetuarsi dell'autodifesa di queste suggestivi laghetti.
Prima del saluto definitivo hai ancora il tempo, con il naso rivolto all'insù, per osservare l'acqua che si distende e si scompone in mille rivoli. Se riuscirai a rendere compagnia ad uno soltanto di essi durante la sua caduta libera ti riterrai fortunato. Provaci. Io non ci sono riuscito. Ti ricordo che la durata dell'esperimento é molto limitata. Appena quattro secondi.
Devi ancora raggiungere Zagabria per completare la tua visita in Croazia ma ne vale la pena. Ordinata nelle sue strade e nei suoi stili giace all'interno di una conca su cui si srotolano dall'alto dei monti le zone residenziali. Il barocco e il gotico la fanno da padrone mentre l'art nouveau é dichiarata in tutta la sua solennità in uno degli angoli più caratteristici della città: il cimitero. E qui le macchine fotografiche fanno il loro servizio incessantemente.
La partecipazione dei residenti alle varie attività di culto è notevole. Sotto le ampie navate della cattedrale gotica i fedeli sono veramente tanti, anzi tantissimi.
La Bosnia Erzegovina
Procedendo geograficamente verso il basso, per poter raggiungere Saraievo devi prima attraversare la repubblica di fatto della Srpska con capitale Bagna Luca e quindi buona parte della Bosnia, ma, per poter arrivare a destinazione dovrai superare un centinaio di chilometri di strettissime e profondissime gole.
La capitale somiglia tanto a Zagabria. Muoio dal desiderio di vedere il punto esatto in cui fu assassinato l'arciduca Ferdinando d'Austria ma quando mi accorgo che i tempi di esposizione della guida bosniaca non sono ben correlati a quelli della velocità del mezzo di trasporto é già troppo tardi in quanto il ponte che ricorda l'eccidio é già lontano di parecchio dietro le mie spalle.
In cambio l'accompagnatore preferisce addentrarsi in particolari che riguardano la presentazione delle chiese bizantine e delle moschee. Cito con A) e B) alcune chicche che non mitigano minimamente l'insofferenza e la rabbia patite per il disguido citato in precedenza. A) Gli ottomani che in passato, avevano l'abitudine di visitare gli interni delle chiese ortodosse con i loro cavalli, si videro costretti ad abbandonare la loro vecchia abitudine dal momento in cui i cristiani provvidero ad abbassare gli ingressi principali ad altezze molto al disotto del garrese dei destrieri. B) La ragione principale per cui i musulmani sgranano molto velocemente i loro rosari, che io, per comodità espressiva, indico con il termine di attributari, é dovuta al fatto che le preghiere rivolte al loro dio, che altro non é che il dio di tutte le etnie, sono costituite da semplici attributi quali onnipotente, onnipresente, onnisciente e così via. In tutto novantanove aggettivi per novantanove grani.
Oltre é Monstar con il suo famoso ponte di pietra bianca affiancato da numerose casette dai tetti d'ardesia. Nelle immediate vicinanze le ferite delle ultime lotte fratricide testimoniano ai visitatori lo spettacolo irreale ed irriverente offerto dalla guerra.
Da queste parti sono segnalate da sempre forti tensioni tra questi e codesti, tra codesti e quelli e tra questi e quelli. Ci amiamo, ci odiamo e siamo comunque contenti di vivere nello stesso territorio avverte la guida bosniaca. I cristiani cattolici nelle loro chiese cattoliche, i cristiani ortodossi in quelle bizantine ed i musulmani nelle loro moschee spesso sono accomunati nell'ultima dimora nello stesso cimitero. Le tombe dei cattolici al contrario di quelle riservate agli ortodossi sono sempre omaggiate dai fiori mentre quelle dei musulmani sono contrassegnate da una coppia di cippi disposti alla testa ed ai piedi della sepoltura.
Grandi fiumi inseguono le strettissime gole tra le montagne per poi aprirsi a dismisura in corrispondenza delle pianure. Pochi sono i paesi al mondo che hanno la fortuna di capitalizzare per il futuro un bene così tanto prezioso.
La Slovenia
A settentrione, a monte della regione dei laghi croati, é la Slovenia, ammantata dal verde dei suoi prati e dalla bellezza delle sue abitazioni. Sembra la continuazione dell'Austria, ma gli abitanti preferiscono presentarsi come svizzeri. Le più belle perle di questa nazione sono la sua capitale, Lubiana, dove lo stile liberty é presente un po' dappertutto e la cittadina di Postumia con le sue famose grotte. Ciò che mi colpisce di più é la presenza del piccolo abitatore delle caverne: il proteo. Lo puoi osservare mentre nuota pigramente nella piccola vasca d'acqua messa a disposizione dei visitatori, ignaro del fatto che circa seicentomila persone annualmente gli dedicano uno sguardo. Tredicimila in un solo giorno di quest'anno, un record. Ma l'anfibio é per natura cieco e non può ricambiare le attenzioni verso nessuno. Ha altre cose a cui pensare, soprattutto a non mangiare. La sua dieta può continuare per circa dodici anni. Beato lui precisa un signore di mezza età dall'indice di massa corporea molto elevato.
Il turismo rappresenta la maggior fonte di guadagno ma notevoli contributi sono offerti dal settore informatico e dall'industria del legname. Altra città notevole è Nova Gorica che con Gorizia condivide la presenza del reticolato e delle dogane. Al di qua é la Slovenia e al di là é l'Italia. Al di qua la benzina costa 238, 9 talleri (un euro vale 240 talleri) al di là molto di più. Rapporti ottimi tra confinanti.
Il rientro in Italia
Al Marco Polo di Venezia, l'areoporto che i veneti chiamano bonariamente nel loro dialetto Marco Poeo, siamo nuovamente in Italia a governare le nostre miserie umane con gli euro mentre lasciamo definitivamente agli sloveni i loro talleri, ai croati le loro kune ed ai bosniaci i loro marchi convertiti.
L'addetto alle operazioni d'imbarco, accorgendosi che il nostro gruppo é reduce dai luoghi di fede di Megiugori e di Tersatto, ci invita a ricordarlo nelle nostre preghiere. Poi sentenzia: Siamo all'inizio della fine del mondo. Quando meno te l'aspetti incontri sempre qualcuno pronto a dichiarare pubblicamente la sua fede e i suoi tristi presagi.
Ringraziamenti
In chiusura è doveroso ricordare il contributo offerto
- da Adriana, la nostra accompagnatrice fiumana, per la sua bravura, le sue conoscenze e l'alto senso di umanità,
- dalla efficace, ma per me sbadata, guida bosniaca,
- dalla piccola ed esile signora ragusana che, in tempi ridottissimi, doveva offrirti le bellezze della sua città di Dubrovnik,
- dalla signorina di Spalato che, con consumata esperienza e con modi molto eleganti e garbati ti presentava la Roma di Diocleziano e la bellezza dei vari musei e monumenti ed infine
- dalla guida zaratina che con competenza e molto savoir faire soddisfaceva puntualmente a tutte le domande che le venivano poste.
Un ringraziamento particolare é dovuto infine a monsignor Italo Schirra, parroco di San Giuseppe in Oristano, l'organizzatore principale di questa interessante vacanza ai confini dell'immaginario.
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