26.10.2019
Visita nei Balcani
Il programma di viaggio che, in quest'ultima settimana di maggio del 2019, mi vede impegnato nei Balcani prevede in maggioranza percorsi di tipo naturalistico, archeologico e religioso.
Le grandi città, fatta eccezione per Tirana, non fanno parte dell'itinerario. Paesaggi montani, collinari, lacustri e marini si alterneranno in continuazione nei grandi spazi sino a concedersi amorevolmente ai silenzi dei piccoli borghi e delle loro comunità. Sono tutti questi gli ingredienti più appetitosi di quanto viene proposto dalle agenzie di viaggio.
Un equivalente progetto, non comprendente il passaggio nei grossi centri, potrebbe trovare facile attuazione in Sardegna dove i paesaggi si miscelano elegantemente con gli scenari sonnacchiosi ed arrendevoli dei piccoli borghi. L'Albania rappresenta in questa mia visita il punto di riferimento più importante mentre la Macedonia e la Grecia vanno ad assumere posizioni di secondo piano.
Le emozioni non tarderanno a presentarsi e, come spesso capita, mi accompagneranno, con maggiore o minore intensità, lungo le tappe di questo insolito ed atipico viaggio.
Come l'aeromobile del volo Roma-Tirana smette di rullare ed accenna a spegnere i motori, i viaggiatori, quasi catapultati dai loro seggiolini, scattano all'unisono all'impiedi per cercare di guadagnare una via d'uscita attraverso spazi di corridoio completamente intasati. Resteranno nella posizione di attenti per tempi superiori ai cinque minuti. E' questo, a seguito dell'atterraggio, il comportamento tenuto in ogni aeroporto del pianeta dai viaggiatori. Ai passeggeri che mi stanno di fianco e mi invitano ad alzarmi rispondo sempre garbatamente di pazientare ancora qualche istante. Arrivato il momento giusto per pormi in posizione verticale controllo che i documenti e gli effetti personali siano ben distribuiti nelle diverse tasche dello smanicato e procedo verso l'uscita.
Il breve percorso che mi consegna all'ingresso della piccola aerostazione della capitale mi regala la prima emozione. A suscitare la mia più viva curiosità è il passaggio spedito ed elegante di quattro hostess che, in direzione opposta alla mia ed in perfetto allineamento, procedono verso chissà quale destinazione. Le loro divise sanno di colori giallo-arancione per la casacca e la gonna e scuri per le scarpe a mezzi tacchi. Molto grazioso il cappellino dalla caratteristica conformazione a mezzo uovo e dalle tinte bianco crema. Le vedo di spalle e le inseguo con lo sguardo fino a scomparire all'esterno di una postazione di servizio. Riferisco ad altri del gruppo di cui faccio parte di questa prima istantanea di viaggio ma non riesco a suscitare in nessuno alcun interesse. E' difficile per me spiegarmi a parole. Mi auguro comunque che qualche lettore condivida questo mio innocente messaggio.
La guida che ci terrà compagnia per tutto il viaggio, un albanese della città di Berat, è pronta ad indirizzarci verso il pullman che ci condurrà a Kruja, un centro montano dell'entroterra. L'arrivo nella ridente cittadina è previsto per l'ora di pranzo. Nel pomeriggio avremo modo di far visita al centro storico, al museo ed al castello.
Se girando per il mondo ti capita di incontrare per strada dei giapponesi o cinesi significa che il centro che stai visitando gode di un elevato indice turistico. Il mio paese, pur avendo i requisiti per consegnarsi alla notorietà, non riesce ancora a decollare. Si sta facendo di tutto per attirare l'attenzione degli occhi a mandorla ma il passaparola dei residenti non produce gli effetti sperati.
Qui a Kruja i turisti dell'est asiatico sembrano di casa. Ne vedi un po' dappertutto e, contrariamente a quel che ciascuno di noi pensa, socializzano con molta disponibilità. Ma quanto si divertono le due coppie cinesi a fotografare ed a farsi fotografare nella piattaforma definita sulla sommità del castello in alto alla montagna. Destano persino l'ilarità di quanti siedono nel semicerchio che dà sulla parete edificata a meridione della fortezza, come a teatro dove gli attori stanno sul palcoscenico e gli spettatori di fronte a loro.
Lungo il tracciato che interessa una delle principali arterie del centro storico, un passaggio obbligato ai soli pedoni, i negozi di souvenir, di articoli di artigianato e di produzione locale si succedono l'uno accanto all'altro destando la curiosità non solo dei turisti dell'estremo oriente ma anche di quelli del continente europeo. Attenzione a dove mettere piedi, avverte la guida. La rruga, così è definita la via in albanese, che corre su una lunghezza di circa un centinaio di metri, si presenta con un acciottolato molto tortuoso ed accidentato. I levigatissimi sampietrini, incassati alla bell'e meglio nella malta cementizia ma sporgenti verso l'alto in direzioni e misure differenti, rappresentano una continua insidia all'incedere dei passanti. E' come se volessimo camminare sul letto all'asciutto di un corso d'acqua interamente ricoperto di detriti fluviali.
Come questo breve tragitto termina, finisce anche il carosello delle attrazioni esposte al piano terra delle varie abitazioni. Iniziano altri percorsi fatti di serpentine d'asfalto che salgono e scendono lungo paesaggi ammantati del verde dei boschi e della severità delle alte montagne. Non vedo aquile e dubito di poterne avvistare qualcuna nel prosieguo.
I cani invece, come le scimmie in India, sembrano, a mio avviso, i padroni del territorio. Al nostro passaggio uno di questi esemplari, appena soddisfatti i suoi bisogni corporei proprio sulla linea mediana della carreggiata, si ricompone e, con tranquillità ed indifferenza, se ne va per i fatti suoi. E' un cane libero. Ognuno di noi, con una veronica molto significativa, non commenta e procede.
Siamo nell'entroterra albanese, ripeto. Il mare è ad ovest con acque che dall'Adriatico si concedono allo Ionio, il Kosovo e la Macedonia ad est, il Montenegro a Nord e la Grecia a Sud. La distanza che intercorre tra Taranto e Kruja, precisa il cellulare di uno del gruppo, è di 300 chilometri mentre il canale d'Otranto, il tratto di mare che separa l'Italia dall'Albania, è di appena ottanta.
Dal punto di vista altimetrico, la nazione che ora mi ospita, un territorio con una superficie di circa ventottomila chilometri quadrati, si colloca intorno ad una media di settecento metri, un'altezza pari al doppio di quella europea.
Il secondo giorno di viaggio mi vede impegnato di buon mattino nella piccola sala di ricevimento dell'albergo a definire al meglio con l'accompagnatore qualche dettaglio della lunga trasferta verso Berat, la città adagiata sul fondovalle di una catena di monti che la orlano da più versanti, e il grosso centro marino di Valona.
Di fronte a me due anziane signore, dal portamento distinto e apparentemente riservato, discutono a bassa voce dei loro programmi di viaggio. Sono forse del settentrione d'Italia? Annuiscono alla mia richiesta con un cenno della testa e, con un ampio sorriso confermano di essere del Nord Italia, di Cuneo per l'esattezza. Io preciso di non essere mai stato in detta città anche se ogni anno mi riprometto, nel tempo della raccolta delle castagne e dei funghi, di andare a visitarla. Mi riferiscono tra l'altro della loro amicizia, del loro stato vedovile e della voglia di girare per il mondo. Ad un certo punto una delle due, dopo aver dichiarato di essere originaria della regione Puglia, si alza in piedi ed improvvisa un balletto simile alla tarantella. Buon sangue non mente. Voleva proprio dimostrare di essere meridionale. Io, assecondando il suo desiderio di fare quattro salti, faccio altrettanto. Lo spazio a disposizione è molto ridotto ma ciò non impedisce ai frequentatori dell'albergo di farsi avanti per godersi il minispettacolo offerto dalla minipista della reception. Il gioco si esaurisce in pochi secondi ma la curiosità dei più continua per tempi più lunghi. Stanno ancora accorrendo!
In partenza da Kruja, mentre mi accingo a salire sul pullman, una anziana donna si fa avanti per cercare di vendere alle signore del nostro gruppo un mazzo di fiori secchi, forse essenze, che tiene stretti nella mano sinistra. Per me la sua figura ed il suo portamento valgono un dieci e lode. Un fazzoletto bianco ben disteso sul capo ed annodato sulla nuca ed una corta giacchetta di pochi bottoni, che sottende una gonna lunga sino all'ultimo palmo dei pantaloni, completano con le scarpe il suo vestiario. E' questo il costume indossato in passato dalle donne albanesi. Le tinte scure, eccezione fatta per il fazzoletto, predominano dappertutto. Le molte rughe segnate nel volto definiscono al meglio il quadro di eleganza, di semplicità e di riservatezza rilasciato dalla piccola donna.
Dopo diverse ore di macchina raggiungiamo Berat. E', come abbiamo già riferito, una città adagiata sul fondovalle ma con interessanti fughe dei quartieri antichi sui versanti della montagna e sull'altopiano sul quale ora ci troviamo. I camminamenti che ci permettono di arrivare al punto di ristoro che si trova in fondo ad una lunga discesa, sono tortuosi ed in forte pendenza. Ora, volgendo lo sguardo dal basso verso l'alto, è possibile ammirare le mille finestre delle abitazioni incastonate in punti quasi inaccessibili degli speroni montani. La visita alle moschee ed alle chiese bizantine non è prevista nel programma. Ci si deve accontentare nel primo pomeriggio di una passeggiata lungo le sponde del fiume che divide in due la città e del transito sui ponti dalle caratteristiche arcate. Per disegno e fattura richiamano alla mia memoria il singolare ponte di Monstar in Bosnia. Si continua per Valona dove sono previsti la cena e il pernottamento.
Nell'attraversamento dei piccoli centri albanesi non può sfuggire, anche al più distratto viaggiatore, la presenza degli alti cumuli di macerie depositati a fianco delle singole abitazioni e dei condomini. In genere si tratta del pietrame calcareo prodotto dallo sbancamento delle aree riservate alla costruzione dei nuovi edifici o anche del materiale ricavato dalla demolizione o ristrutturazione dei medesimi. Normalmente sono delimitati nei cortili e nelle pertinenze private con recinzioni precarie ma spesso fanno la loro apparizione sui bordi delle strade e nell'aperta campagna. Nulla a che vedere, in ogni caso, con le discariche a cielo aperto di rifiuti di altro genere.
E' un paese di montagne e di montanari, di allevamenti e di allevatori, di emigrazione e di migranti. Eccellenti i prodotti forniti dal bestiame caprino. Il basso reddito pro-capite induce i giovani ad espatriare. Lo stipendio medio di un insegnante non supera i quattrocento euro. In compenso il costo della vita non è elevato. Per un chilo di ciliegie ho speso in un mercato rionale soli due euro mentre per un abbondante piatto di jogurt servito al tavolino un solo euro. Per le stanze d'albergo si spende dai venti ai cinquanta euro mentre per una suite il prezzo è di appena sessanta euro. E' quanto mi risulta dalla lettura dei prezzi esposti nella reception di un hotel. Per un caffè si spende quanto in Italia. Il prezzo è elevato in quanto detto bevanda non è di largo consumo in Albania. Una vera pacchia per i pensionati europei.
Una delle più importanti risorse del paese è data dalle rimesse degli emigrati, dai prodotti della terra e dal turismo. La conoscenza dell'italiano, dell'inglese e di alcune lingue slave favorisce alquanto le prestazioni culturali degli albanesi. Sette su dieci conoscono la nostra lingua. Il livello di preparazione e l'intelligenza dei singoli fanno il resto. Nei concorsi a livello internazionale le graduatorie presentano spesso ai primi posti i giovani d'Oltre Adriatico.
Il terzo giorno di viaggio prevede, con partenza in mattinata da Valona, la sosta pomeridiana nella cittadina di Saranda e nel sito archeologico di Butrinto e l'arrivo in serata a Giannina in Grecia.
Saranda è un centro privo di piano regolatore. Il far da sé nel settore edilizio da parte di chicchessia penalizza notevolmente il concetto di estetica urbana. Si salva con un bel dieci e lode il bellissimo parco di Butrinto con i resti del teatro romano, dell'agorà, delle terme e del battistero di epoca bizantina. Il sito in questione è dichiarato dall'Unesco Patrimonio mondiale dell'Umanità.
Al mattino successivo, dopo una breve passeggiata nella ridente cittadina di Giannina, si parte per Kalambaka, il centro della Tessaglia che ospita le Meteore ossia gli imponenti massi basaltici con dei monasteri sulla sommità. Sono numerosi questi monoliti che svettano nel cielo con forme approssimativamente cilindriche, prismatiche e tronco coniche. Per quanto riguarda l'altezza posso indicare ad occhio e croce delle dimensioni varianti dai cento ai trecento metri mentre per quanto riguarda la base superiore, ossia l'area sulla quale i monaci hanno edificato i loro monasteri, delle superfici varianti dai trenta ai seicento metri quadrati. Per poterne visitare qualcuno bisogna inseguire dal basso i numerosi scalini scavati nella roccia oppure ricorrere ai suggestivi e arditi ponti che, svicolando nel vuoto, ti accompagnano, senza correre alcun pericolo, quasi in dirittura d'arrivo. I monaci e le monache, distribuiti rispettivamente in conventi maschili e femminili, esercitano le loro funzioni pregando, lavorando e cantando. Ai turisti, che soprattutto d'estate affollano questi luoghi di preghiera, sono consentite le visite solo in determinati spazi. Il legame dei religiosi con il mondo esterno è assicurato, per quanto riguarda le vettovaglie, dall'impiego di enormi ceste che, attraverso l'uso di funi e di argani di struttura lignea, effettuano il movimento di andata e ritorno agendo sulla verticale dei corpi sospesi nel vuoto.
Passeggiando nei momenti liberi per Kalambaka mi diverto spesso a decifrare i messaggi della pubblicità o il significato delle insegne di certi negozi avvalendomi al riguardo della conoscenza di molte lettere maiuscole e minuscole dell'alfabeto greco e soprattutto dell'osservazione e dell'esame degli articoli esposti all'interno delle rivendite. Spesso, pur non avendo compiuto studi umanistici, riesco a cogliere dei risultati positivi.
Il pernottamento è fissato in un albergo che assicura ad ogni cliente la possibilità di vedere dalla propria camera una vista panoramica sulle Meteore.
Il quinto ed il sesto giorno sono riservati alla visita della Macedonia del Nord. Le città interessate dal nostro viaggio sono quelle di Bitola ed Ocrida. Dappertutto il paesaggio ti offre luoghi incontaminati, campi coltivati, serre e centrali elettriche. Nei villaggi le case singole e binate si succedono con piccoli appezzamenti di terreno coltivati ad ortaglie. I tetti, in maggioranza ricoperti di tegole di tipo marsigliese si configurano negli spioventi con linee geometriche di tipo rettangolare, triangolare e trapezoidale. Rara, nei pressi delle abitazioni o sul lungo strada, la presenza di cumuli di macerie o di piccole discariche.
Spesso, durante queste escursioni abbiamo modo di incontrare i partecipanti di un secondo gruppo di turisti che, pilotati dalla stessa agenzia, inseguono per filo e per segno i nostri stessi programmi di viaggio.
Li rivediamo quindi a pranzo, a cena e durante la visita ai vari siti di tipo archeologico, religioso e naturalistico ma non condividiamo lo stesso mezzo di trasporto. Questi turisti di età matura del Nord Italia, lombardi e valdostani in maggioranza, hanno modo di simpatizzare con noi ricorrendo spesso ai rituali convenevoli di incitamento dei sardi. Per loro noi siamo il gruppo degli aiò ed aiò sta per andiamo. Chissà quante volte i fanti della Brigata Sassari avranno fatto riferimento nella grande guerra a questo motto!
A Bitola è prevista una breve sosta al sito archeologico con in primo piano il teatro, le terme ed i bellissimi mosaici a cielo aperto mentre ad Ocrida è in programma una interessante gita in battello sul lago omonimo.
In questo secondo giorno in terra macedone trovo molto distensivo godermi una mattinata all'aria aperta standomene a bordo di una imbarcazione che per i più freddolosi offre un sottocoperta con comodi posti orientati verso ampie finestre scorrevoli mentre per i restanti viaggiatori un ponte da condividere in parte con i quattro venti ed in parte con il piacevole riparo dal sole e dalla pioggia dei lunghi tendoni srotolati al disopra delle fiancate del bastimento.
Io trovo buona posizione sulla tolda del natante in una delle tante seggiole libere di prua. In tutto, ben distribuiti nelle parti superiori ed inferiori dello scafo, saremo una sessantina. Il via vai di quanti salgono e scendono le piccole scale del natante per guadagnare i posti migliori per le loro inquadrature fotografiche è così frenetico ed incessante da impedire una giusta conta dei viaggiatori.
Cielo terso con sole non dardeggiante, temperatura piacevole e ridente vegetazione di macchia mediterranea e di conifere che si proietta con eleganza dall'alto delle montagne verso le rive del grande lago, sembrano invitare ogni gitante ad esprimere un giudizio sullo scenario che lo circonda. A quella ventina di passeggeri che sostano a prua con me sulla tolda della imbarcazione chiedo, ricorrendo a semplici gesti delle mani, di esprimere un voto. Eccezione fatta per due signore anziane del Nord Europa che non capiscono la mimica del mio linguaggio, forse fraintesa ed interpretata come una richiesta di denaro, l'approvazione dei restanti comporta il massimo della votazione.
Nel pomeriggio, durante un giro di perlustrazione nei recinti interni di un monastero, ho la gradita sorpresa di vedere alcuni pavoni che con molta spontaneità accettano di farsi fotografare senza spazientirsi più di tanto. I loro numeri vanno dalla apertura e chiusura a ventaglio della classica ruota, all'ostentamento del loro piumaggio e all'esibizione canora dei loro versi ad onore del vero sgraziati. Non mi era mai capitato di vedere questi gallinacei così da vicino. Dal mio tentativo rivolto ad un pavone bianco dalle penne ben raccolte posteriormente a mo' di lunga scopa non riesco ad ottenere i risultati sperati di una esibizione. Alle mie insistenze risponde paupulando e cambiando continuamente direzione.
Una bella passeggiata nell'arteria principale, la cena al ristorante ed il pernottamento in hotel, consentono al gruppo di cui faccio parte di porre fine a questo breve itinerario in Macedonia.
Tirana ci accoglie nell'ultimo giorno di viaggio all'ora di pranzo. E' una città che con i suoi sobborghi conta più di un milione di abitanti. Dal punto di vista economico e culturale è decisamente proiettata nel futuro con ampi margini di crescita e di miglioramento. Il lungo viale, per buona parte alberato, che porta dalla piazza del museo alla zona dei grattacieli è un eloquente invito ad una distensiva ed interessante passeggiata. In questo percorso fatto di spazi che si concedono a stili architettonici sempre più avveniristici non può sfuggire, neanche al più sprovveduto visitatore, la testimonianza offerta da alcuni reperti bellici del passato. Ben ancorati nel terreno di un'aiuola dei giardini pubblici fanno bella mostra di sé una parete del muro di Berlino, circa due metri per la base e tre per l'altezza, ed un bunker del diametro di due metri. Ad Oristano, la città in cui risiedo, è visibile, sul lungo strada che dal ponte sul Tirso porta alla Basilica del Rimedio, un fortino di ampie dimensioni. Di fortificazioni di questo tipo ne ho visto ben poche in Sardegna. La guida albanese riferisce che il numero di queste costruzioni in cemento armato è di centosettantamila. Può sembrare strano, commenta il cicerone, ma questi enormi ed immobili ratti dagli occhi neri, alla pari di quelli edificati lungo la linea Maginot in Francia, non sono mai serviti a niente.
All'imbrunire, come mi accingo a scendere dal pullman per recarmi al ristorante ho la sgradita sorpresa di incontrarmi con tre o quattro ragazzini che con incalzante ostinazione chiedono soldi ad oltranza. Visto l'insuccesso delle loro richieste si avvinghiano al mio corpo e quasi mi immobilizzano. Mi ritrovo come nei panni di Laocoonte. Ben conscio del fatto che qualche mio movimento improprio, come ad esempio uno strattone, potrebbe farmi passare dalla ragione al torto, resto per qualche attimo inerme fino a che alcuni passeggeri non provvedono a liberarmi da quelle strette inopportune.
Si cambia storia qualche metro più avanti con il quadretto offerto da un conducente che, lampeggiando in continuazione i potenti fari del suo mezzo, cerca di trovare nelle vicinanze un parcheggio impossibile. Io non m'intendo di macchine né di motori, ma certamente si sarà trattato di una macchina di gran lusso. I modelli in circolazione in Italia, a qualsiasi cilindrata appartengano, vagano per me nell'anonimato. Io non guido una automobile dal 1972, esattamente dal giorno in cui, con partenza da Conegliano, accompagnai mio padre, un combattente della Grande Guerra, a Vittorio Veneto.
Il volo Tirana-Roma è pronto per l'imbarco dei passeggeri. All'arrivo nella città eterna, non appena il velivolo avrà spento i motori, i viaggiatori non si faranno pregare più di tanto per schizzare all'impiedi all'unisono. Lo stesso comportamento sarà tenuto, come di consueto, al termine della tratta aerea Roma-Cagliari.
Nessun commento:
Posta un commento