Da Oristano a Santa Caterina
Oggi ne abbiamo 27. È l’ultima
domenica di novembre del 2022. La giornata, contrariamente alle previsioni
meteo quasi tutte di segno negativo, è splendida già dal primo mattino. Per i
partecipanti al pranzo sociale organizzato dall’Associazione Cinquanta &
Più di Oristano non poteva andare meglio.
Prima di salire in macchina
saluto con molto rispetto la mia abitazione, l’annesso cortile adibito a
giardinaggio ed a piccole colture orticole e la moderna chiesa di San Giovanni
Evangelista, luogo di culto distante da casa mia non più di cento metri.
A mezzogiorno manca una decina
di minuti, il tempo necessario per raggiungere la strada che dalla Basilica del
Rimedio porta a Santa Caterina e quindi al ristorante ubicato alla sinistra del
lungo rettilineo che indirizza a Cuglieri.
È questo un tracciato che ho
percorso ripetutamente in gioventù nelle vesti di cicloamatore ma ogni volta ho
sempre faticato a memorizzare i nomi dei paesi e delle località turistiche
incontrate. Il motivo è dovuto al fatto che quando si guida su due ruote
bisogna prestare molta attenzione alla strada; per i bellissimi paesaggi
bisogna purtroppo soprassedere e rimandare all’utilizzo di altri mezzi di
trasporto. Oggi ho l’opportunità di rivedere a 180 gradi tutto ciò che in altre
occasioni era ridotto a visuali di piccola apertura.
Alla mia sinistra, in uscita da
Donigala, l’onnipresente portale in stile neobarocco fa sempre bella figura di sé.
Ora la macchina può procedere a
velocità più sostenuta, rispetto all’andatura regolata dall’intenso traffico
cittadino, e portarsi con tranquillità sino al nuraghe posto in cima alla
collina che indirizza a Is Arenas. Da entrambi i lati della carreggiata i
lunghi filari di fichi d’India, alla guisa di solerti vigili della Polstrada,
ben riconoscibili dalle classiche palette, sembrano invitarti con le loro
numerose pale a ritmi più moderati. Fanno seguito a queste piante da confine
gli arbusti del lentischio e quelli delle ginestre, di colore verde intenso i
primi e di colore giallo, durante la fioritura, i secondi. Ogni tanto, dagli
spazi orfani di siepi si intravvedono vaste colture dedicate ai carciofi. Il
mare è oltre queste piantagioni. Lo immagini in seconda corsia, ma non lo vedi.
La macchia mediterranea si ripresenta ai lati della sezione stradale con i
maestosi lecci dalle foglie sempre verdi e con le roverelle dalle foglie
caduche. Per certi tratti i rami più elevati di questi alberi si incrociano
vicendevolmente a corona creando, al passaggio dei mezzi in transito, una volta
ad arco. In seguito, e per lunghi tratti la macchia scompare per lasciare il
posto ai campi incolti e a quelli destinati alle colture foraggere. In
prossimità di Is Arenas, negli avvallamenti delle zone collinari, è possibile
avvertire la presenza degli animali da pascolo.
La vegetazione di contorno sa di
conifere pronte a contendersi con gli arbusti di diversa specie tutti gli spazi
a disposizione. Non sfuggono alla visuale del visitatore le ampie distese di
canne dalle foglie sfilacciate dalle recenti maestralate autunnali e ripiegate
verso il basso lungo i numerosi nodi ed internodi dei loro fusti. Non sono
belle da vedersi in questo periodo: si tratta pur sempre di piante erbacee.
Superati nel frattempo i centri
di Nurachi e Riola, sto per raggiungere le località balneari più in
dell’Oristanese quali S’Archittu, Torre del pozzo e Santa Caterina.
La prima di queste prende il
nome dall’arco che insiste a bella vista sulla volta del ponte naturale dai
contrafforti perennemente risucchiati, dalla cintola in giù, dai fondali
marini.
Il secondo centro turistico si
raggiunge nel tempo di qualche minuto e dopo alcune curve a gomito. La torre a
forma di tronco di cono che caratterizza questo centro balneare sta in alto ad
una conformazione rocciosa dalle sfumature basaltiche che nell’aspetto richiama
l’osservatore all’immagine di un grosso cetaceo spiaggiato tra la riva e la
scogliera. Molti oristanesi concordano con l’assegnare a questo braccio di
terra che pesca nell’acqua il nome di megattera. La torre funge da organo di
sfiato dell’immenso mammifero. Il sottoscritto, che è di diverso avviso, va
convincendosi sempre di più che l’idea del sommergibile, con tanto di torretta
come distintivo nautico, non sarebbe poi tanto male.
Lungo il tracciato non posso
fare a meno di menzionare un sito archeologico di grande impatto e di notevole
pregio. Si tratta di Cornus, antica città della Sardegna che testimonia della
storia di tanti secoli addietro.
A Santa Caterina verrebbe voglia
di fare una piccola sosta per un breve colloquio con le onde del mare che cercano
di raggiungerti alla tua sinistra. Adesso si procede leggermente in salita e,
fra poco, un lungo rettifilo di diversi chilometri, disseminato a destra e a
manca da classici muretti a secco, intervallati da eleganti ingressi con
infissi in legno e ferro, mi indicherà sulla sinistra la giusta destinazione.
Sono questi i portali moderni dell’oggi. Di quelli in pietra, malta e mattoni ho
fatto un breve cenno molti chilometri addietro.
La singola costruzione che
intravedo alla mia sinistra, ad una distanza di una cinquantina di metri dalla
sede stradale, non può che riguardare il ristorante prescelto dagli
organizzatori. La sua posizione è contrassegnata da una delle diverse terrazze naturali
facenti parte della dotazione aziendale. Non vedo segni di confine. L’ingresso,
delimitato da due grossi massi basaltici che fungono da stipiti, è monumentale.
L’apertura è notevole, sebbene di gran lunga inferiore alla distanza tra i pali
di una porta di calcio. La collocazione di un architrave di materiale lapideo
non sarebbe possibile se non a costi estremamente elevati. Tutt’intorno all’area
descritta sono ben configurati grandi blocchi di pietra ed alcune macine da
mulino. Sufficientemente liberi gli spazi riservati alle macchine degli
avventori.
Nel parterre del ristorante, i
commensali, in attesa di essere chiamati ad occupare i posti a loro designati, consumano
i soliti cerimoniali riservati tra conoscenti od amici.
Ancor prima di sedersi a tavola
si dà spazio ad una parentesi di carattere culturale che rende omaggio a quanti
sono stati premiati dall’Associazione nazionale dei Cinquanta & Più per i
loro saggi di carattere poetico. Farfalle d’oro per i primi e d’argento per i
secondi. La lettura dei componimenti poetici, intervallata magistralmente da alcuni
passaggi di chitarra classica, è stata molto apprezzata dagli intervenuti.
Il pranzo è servito. Tutti a
tavola.
Vedo che in molti hanno gradito tanto le cibarie
quanto le bevande. Al momento della frutta non sono mancate le pere. Un giusto
segnale per indicare e ricordare che con Pira cotta e Pira crua d’onniunu a
domo sua.
Giovanni Mura
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