Memorie tonaresi in pratza manna

sabato 10 settembre 2022

Trenino verde e trenino nero

 

Trenino verde e trenino nero




   É nell’ottobre del 1945 che presi per la prima volta il treno della tratta ferroviaria Cagliari-Sorgono. Era anche la prima volta che arrivavo in Sardegna. Due immagini significative rendono un’idea della Sardegna di quel periodo: Alla partenza i segni evidenti di una città bombardata ed all’arrivo la precarietà dei mezzi di trasporto che dovevano condurre la mia famiglia e le poche masserizie dalla stazione di Montecorte a Tonara: il carro a buoi e la carretta a cavallo di due miei zii. Fra qualche mese avrei compiuto sette anni e fatto ingresso alla scuola di Istraccu in Arasulè per la frequenza al secondo anno delle elementari.

   Quattro anni più tardi mi servii del mezzo ferroviario per raggiungere Nurri, sede designata per gli esami di ammissione alla scuola media.

   Ancora una volta utilizzai la vaporiera nel mese di gennaio del 1961 per raggiungere Cagliari: motivi di studio. Il percorso, dal centro di Tonara alla stazione, circa sei chilometri, reso intransitabile ai mezzi di linea da una abbondante nevicata, lo dovetti fare a piedi.

   Del trenino nero che transitava per due volte al giorno, tra andata e ritorno, in fondo alla vallata del mio paese, ho sempre memorizzato, nel periodo che corre dagli anni Quaranta agli anni Sessanta, gli ampi ed irregolari sbuffi sprigionati dalla trazione del mezzo.

   In quest’ultimo ventennio il locomotore passa inosservato senza rilasciare le classiche bordate di fumo dalle tinte grigio scure. In certe tratte il servizio è addirittura interrotto.

   È da quando ha cessato di esprimersi al suo passaggio, con i suoi saluti prodotti dalla combustione del carbone, che il mezzo di trasporto viene presentato all’attenzione dei passeggeri con il termine di trenino verde. A detto aggettivo non ha fatto mai ricorso il Lawrence in Sea and Sardinia, nel suo viaggio in terra sarda nel gennaio del 1921, ma i colori usati nel suo racconto testimoniano dell’alto valore delle sue pennellate.

    A Mandas, tappa di viaggio dell’impareggiabile narratore inglese ed oggi per me punto di partenza per la breve corsa che porta a Laconi, due targhe affisse alle pareti della stazione ferroviaria riprendono alcuni significativi dettagli del suo passaggio in detto centro.

   Ed ecco il trenino turistico: non si tratta di una vaporiera ma di una carrozza con due scomparti. La delusione dei passeggeri è più che evidente sia nell’espressione dei loro volti che nei commenti. La durata della percorrenza, tenuto conto della sosta nel centro di Isili per la visita al nuraghe trilobato de is Paras, non supererà le due ore.

   Una volta a bordo bisogna tener conto della ristrettezza dei posti a sedere. Il caldo fa il resto.

   I paesaggi decantati dal Lawrence non tardano a definirsi durante il percorso. La guida, con un certo anticipo, dà modo ai viaggiatori di prepararsi a memorizzare con le loro macchine da presa i contenuti visivi più interessanti. Non è comunque facile effettuare queste riprese perché le fronde degli alberi e le insistenti pareti rocciose sulle cui gole scivola e arranca il mezzo impediscono le giuste visualizzazioni. I quadri che mi sorprendono maggiormente sono dati dalle vaste distese d’acqua, dai vecchi ponti ad arcate a tutto sesto e da quelli nuovi a più ampia apertura. Le vecchie costruzioni quasi radono lo specchio dell’acqua mentre le nuove sovrastano il tutto da quote più elevate. La distanza e la profondità di queste immagini generano talvolta delle strane impressioni. Sembra tutto sospeso a mezz’aria.

   Siamo nella regione chiamata Sarcidano, una terra ricca di vegetazione boschiva ed orticola ben distribuita in colline e rilievi da mezza montagna.

   Devo ammettere, nonostante in passato abbia percorso questi tracciati su mezzi di linea a ruote gommate per tantissime volte, di non aver mai potuto godere appieno della bellezza di questi paesaggi. Una gita di piacere ti permette sempre di assaporare e gustare al meglio i riquadri sui quali avevi sempre sorvolato. È quanto mi è successo a Laconi, ultima tappa del nostro viaggio, dove ho potuto apprezzare al meglio, specie durante la visita al parco degli Aymerich, certi richiami della natura quali quelli governati dai tanti rivoli d’acqua che amorevolmente ti accompagnano e ti inseguono in ogni tuo passaggio e dalle piante d’alto fusto e di diversa specie che, oltre al benessere rilasciato dal fresco, ti assicurano anche tanta serenità.

   All’Associazione Cinquanta & più di Oristano, gruppo che ha avuto l’onere e l’onore di organizzare questa interessante escursione, vada il mio più vivo ringraziamento.

martedì 6 settembre 2022

Da Funtana Ona a Santiago de Espasuley

 

Da Funtana Ona a Santiago de Espasuley


   É da più di trent’anni che nutro un alto interesse per una visita in territorio di Sorgono, nella regione denominata Mandrolisai, ai siti di Funtana Ona e San Giacomo di Spasulè

   Riferisce il Bonu, in Ricerche storiche su due paesi della Sardegna, Gadoni e Tonara, lavoro edito da Siena Cantagalli nel 1936, che i pronipoti di quanti abbandonarono, a partire dagli inizi del 1600, il villaggio di Spasulè, per trasferirsi a Tonara, nella frazione di Arasulé, avrebbero di che rallegrarsi per i diritti di proprietà esercitati sulle immense proprietà terriere ereditate dai loro antenati in Funtana Ona.

   Detta località risulta definita dall’ampio anfiteatro che ha per confini Ghenna e Crecu, i tratti terminali della corsa ferroviaria Cagliari-Sorgono ed il vallone che traguarda la strada provinciale per Sorgono e Tonara.

   Non so quanti fra i discendenti dei Demurtas ed i Flore, cognomi di spasulesi trasferitisi a Tonara, come riferito dal Bonu nel suo lavoro, possano ancora oggi vantare diritti su quelle antiche proprietà, ma di certo si sa che buona parte di quei possedimenti risulta oggi intestata a Pasqualino, un mio coetaneo, un tonarese nato e cresciuto in Barigau, una contrada definita ad U nel cuore del vecchio rione di Toneri, nelle adiacenze delle caratteristiche sotto frazioni di Pratza Manna, Maria Pra, Cartutzè e Pratza Senti Cocco.

   Mi riferisce il compaesano che l’opportunità di acquistare da proprietari sorgonesi la partita di ben sessanta ettari di terreno, sessantatré per l’esattezza, in territorio di Funtana Ona, Fontana Bona per il Bonu, si palesò circa una ventina di anni addietro, al termine di una intensa vita lavorativa spesa in terra straniera e nel Nord Italia.

   É doveroso un breve chiarimento su detta estensione. Sessantatré ettari corrispondono a seicento trentamila metri quadri, una superficie immensa equivalente all’area occupata da un centinaio di campi di calcio, Dal punto di vista geometrico si potrebbe far riferimento ad un quadrato di circa ottocento metri di lato o ad un cerchio di quasi quattrocentocinquanta metri di raggio. Lo Stato Pontificio, con i suoi 44 ettari, ha una superficie decisamente inferiore.

   L’orticello di una sessantina di metri quadri che coltivo in Oristano sta con la proprietà di Pasqualino nel rapporto di uno a diecimila. Nella distanza dalle nostre rispettive abitazioni ho il vantaggio della minima percorrenza: appena un metro per me e una decina di chilometri per lui.

   In una mia recente visita a Tonara, in un incontro con il conterraneo, ho avuto modo di focalizzare al meglio la mia attenzione su Funtana Ona e Spasulè, villaggio quest’ultimo abbandonato dai suoi abitatori più di trecento anni fa.

   Delle mie intenzioni di voler valorizzare il tracciato che unifica questi due territori, distanti in linea d’aria quattro o cinque chilometri, con un pellegrinaggio di tipo religioso che ricalchi, sebbene in forma riduttiva, i lunghi percorsi sviluppati a piedi e in diverse direzioni e con arrivo comune a Santiago di Compostela, non ho fatto alcun cenno. È comunque d’accordo Pasqualino nel partecipare a quella che ho semplicemente definito una normale passeggiata.

   Dell’invito rivoltomi ad un sopralluogo nella sua tenuta, con successivo ristoro e rinfresco negli accoglienti locali aziendali, terrò conto più avanti anche se idealmente sento di aver condiviso appieno i propositi della gita e di pari tempo immaginato di aver portato a termine il percorso di tipo religioso che porta a San Giacomo di Spasulè.

   Forzando ancora la fantasia ho già rivisto in marcia in questa prima edizione i miei familiari e quelli di Pasqualino. Seguiranno in futuro altri pellegrini?