Nurri 1949
Settimana d’esami
nell’ex convento
Nurri 1949
Settimana d’esami nell’ex
convento
In linea retta i chilometri che
separano Nurri da Tonara sono una trentina ma quelli percorribili via auto sono
circa sessantacinque. Ancora maggiori le distanze intercorrenti tra i due
centri quando si faceva ricorso al trenino che oggi chiamano verde e che non
circola più. E’ a detto mezzo ferroviario che un folto gruppo di studenti tonaresi
di età scolare fece ricorso alla fine degli anni quaranta per poter raggiungere
Nurri, località designata dai preparatori scolastici per lo svolgimento degli
esami di ammissione alla scuola media.
Era il mese di settembre del 1949. In quei tempi i mezzi su strada,
gestiti da società di trasporto quali S.I.T.A
e Rolando non potevano garantire in
tempi brevi le giuste coincidenze con i vari paesi disseminati nel territorio.
Col trenino fu tutto più semplice, salvo la tratta a piedi di circa cinque
chilometri dal borgo di Tonara sino alla stazione di partenza.
La nostra sistemazione logistica,
preventivata dai nostri accompagnatori, che per tempo avevano sondato il legame
delle amicizie più lontane, avvenne presso abitazioni private di Nurri e di
Orroli, paesi distanti l’uno dall’altro non più di tre chilometri. Io trovai
alloggio in quest’ultimo centro in una abitazione a piano terra dove per poter accedere
alla mia camera da letto dovevo attraversare un loggiato segnato dalla presenza
di molti strumenti da lavoro e, quel che colpiva maggiormente la mia attenzione,
da una discreta quantità di uva pronta per essere pigiata. All’esterno una luce
molto intensa si distribuiva uniformemente per il cortile e la circostante
campagna. Ogni tanto una persona anziana dalla corporatura tozza e bassa, forse
il proprietario, compariva e scompariva nei diversi ambienti del casolare. Non
ricordo null’altro. Se fossi un pittore disegnerei sulla sinistra i vari
attrezzi da lavoro, sulla destra i provocanti grappoli della vigna, in basso il
pavimento in terra battuta, in alto la volta in legno e di fronte la luce. Non
avrei dimenticato di raffigurare il contadino. Verrebbero ad essere
incorniciati il mondo agricolo, il servizio di vigilanza e l’intenso fascio
luminoso che governava il tutto. Questo il titolo del quadro: Innocenza,
trasparenza e tentazione.
Gli esami si svolsero negli ampi saloni dell’ex convento dei cappuccini,
una costruzione severa e spartana che poco si addiceva, dato lo stato di
semioscurità dei vari ambienti, a quelle
che erano le attese dei candidati al traguardo del ciclo scolastico successivo.
I tempi impiegati per i vari tipi di verifica non avranno superato la
settimana. Presumo che un giorno sarà stato riservato al compito scritto di
italiano, un altro a quello di aritmetica, uno per la correzione degli
elaborati e due o tre per le interrogazioni.
Per l’italiano la nostra preparazione verteva su conoscenze di analisi
grammaticale, recitazione a memoria di poesie di autori dell’Ottocento e brevi commenti
su alcuni personaggi storici del Risorgimento. Di costrutti di tipo aritmetico
nessuna traccia nella mia memoria. La commissione era formata da insegnanti di
Nuoro. Pochi e sfumati i ricordi su quelle prove e sulle nostre attese sul
parterre del chiostro con il pozzo in arenaria.
Qualche traccia di interrogazione orale, mi riporta alle pressanti e
continue richieste da parte dell’insegnante di lettere, una figura che tutti
noi consideravamo intransigente e severa, alle definizioni orali e scritte del
presente indicativo del verbo avere. Quanto si arrabbiava per la lettera acca
usata impropriamente!
Ho provato a ricomporre i vari tasselli di quell’avventura scolastica
facendo ricorso ai compagni di scuola di quel periodo ma inutilmente. Rosa, più grande di me di qualche anno e
dimorante a Tonara nell’ultima postazione di Pratza manna, ha oggi poche reminiscenze. Conferma che i risultati
furono positivi per tutti i partecipanti ma con note di merito per Gabriele, uno studente della contrada di
Maria Abrà del vicinato di Toneri, una delle tre frazioni tonaresi.
Ricorda tra l’altro che in quella tornata d’esame erano presenti candidati di
vari centri del Sarcidano. Della
cameretta che condivideva con la madre rammenta i vaporosi cuscini adagiati sui
lettini messi a loro disposizione. Esageratamente voluminosi.
Ha modo di precisare oggi che a quegli esami era stata invitata a
partecipare anche la sorella maggiore, ma, vuoi per l’età, vuoi per altri
incomodi legati alla ripresa degli studi abbandonati da tempo, l’invito dei
suoi familiari fu sempre disatteso.
Ricordo che gli studenti del rione citato impegnati negli esami di
ammissione avevano i loro domicili nelle vie Vittorio Emanuele e San
Gabriele e nelle caratteristiche contrade di Maria Abrà, Pratza manna,
Catzolaghedu e Sa Discarriga.
Il superamento della prova consentiva l’accesso ai banchi della scuola
media. E per noi tonaresi significava poter frequentare il ciclo successivo
standocene arroccati in difesa sui nostri monti. Era una occasione da non
perdere, una ghiotta opportunità da non lasciarci sfuggire. Molto merito si
deve al riguardo al dottor Michele
Pruneddu che da sempre aveva sostenuto la tesi di un corso di studi medi a
Tonara. Altrettanto merito è da attribuire a quei licenziati dalla scuola
elementare che avevano deciso di riprendere gli studi ad età avanzata.
Preciso che nel gruppo degli iscritti al primo anno si dovevano
includere non solo quelli che avevano sostenuto le prove d’esame a Nurri ma
anche quanti avevano scelto come trampolino di lancio la sede di Oristano. Per
quanto concerne i casati di appartenenza dei medesimi, i Sulis prevalevano sui Sau
e questi ultimi sui Floris.
Negli anni successivi questo grosso centro del Mandrolisai poté gestire in loco e per lunghi anni un servizio altamente
meritorio a favore di molti studenti della Barbagia
centrale.
I benefici ottenuti dall’autorevole solco tracciato nel tessuto del patrimonio
societario tonarese furono equivalenti se non superiori a quelli conseguiti con
l’apertura al traffico delle importanti vie di comunicazione stradale e
ferroviaria di fine ottocento.
La capitalizzazione odierna dei risultati economici ottenuti nel tempo
da tali importanti voci di interesse pubblico, ammesso il ricorso ad una
possibile valutazione, porterebbe a valori di tutto rispetto.
Alla fine degli anni quaranta non si badava minimamente a quelli che
sarebbero potuti essere i vantaggi in
itinere ed a quelli in fieri. A
quell’età il lato culturale passava in seconda linea. Era importante invece
salire sul treno per andare alla scoperta di nuovi territori e di altre
comunità. Sembrò essere la cosa più interessante e divertente, una volta a
bordo dei vagoni ferroviari, inseguire i pennacchi di fumo del locomotore che
con molta grinta superava, ponti, gallerie, tracciati spesso molto tortuosi e
paesaggi talvolta selvaggi e talaltra lunari. Dalle montagne ammantate di
schisto di Barbagia si ripiegava sui
tacchi di basalto e di arenaria degli altopiani del Sarcidano. Da collettività arroccate nei loro idiomi di alta
montagna si scendeva verso altre comunità improntate all’uso di altri dialetti.
Sono gli unici ricordi di viaggio che permangono nella mia memoria. Oggi
il servizio ferroviario sulla tratta Sorgono
Mandas, che prevede il passaggio alla stazione Desulo-Tonara, non è più garantito ai viaggiatori. Un locomotore è
fermo a Sorgono chissà da quanto tempo. Forse è lo stesso che nel gennaio del
1921 trasportò il Lawrence, l’autore
di Sea and Sardinia, lungo la tratta Cagliari - Sorgono. Non so se venne utilizzato
nel 49 anche per il nostro viaggio a Nurri. Ho letto in questi giorni sull’Unione Sarda che detto mezzo meccanico
verrà ceduto all’asta al migliore offerente! Anche una ditta russa è
interessata all’affare. Questa è la morale della favola.
Nei giorni che precedettero la partenza per gli esami un anziano signore
della mia contrada mi aveva incaricato di porgere i saluti al signor Vinti, un artigiano di Nurri che aveva
operato a Tonara come falegname. Gli infissi della mia abitazione di Toneri portano la sua firma. Dottor Bonu, parroco a Tonara dal 1922 al 1933 , riferisce nel
paragrafo Industria e Commercio del
suo lavoro su Tonara della
operatività delle segherie elettriche con a capo la triade dei carpentieri Vinti, Deiana e Tore.
Sembrava che il messaggio da esternare al noto professionista fosse
l’adempimento più importante di tutta la mia missione. Il resto forse non
contava nulla, pensavo.
Forse questo antenato, non incoraggiando sufficientemente quelle che
potevano essere le mie aspirazioni culturali, riteneva che dovessi considerarmi
ampiamente soddisfatto di aver superato gli esami di quinta, un traguardo di
gran lunga superiore a quelle che erano state le sue performance da terza
elementare, la maggiore ambizione per gli scolari del primo decennio del
Novecento.
Dai registri scolastici del 1909 si può rilevare che gli insegnanti
elementari impegnati nelle altrettante aule scolastiche del paese erano
quattro: due per le classi prime maschili e femminili e gli altri due per la
seconda e la terza mista. Preciso che gli studenti tonaresi poterono fare
ingresso nella quarta classe solo nel 1910. In una relazione di bilancio del
1907 redatta dal segretario Raffaele Pulix si sottolinea con forza l’appello
per l’istituzione della quarta elementare:
Se le condizioni economiche del
Comune lo permettessero io vi consiglierei di aumentare la dotazione per
l’istruzione pubblica, trattandosi di un interesse sociale eminentemente
civile. (…)
Io non sono alieno dal proporvi
che si dia un nuovo assetto alle scuole elementari, nel senso cioè, che uno
degli Insegnanti maschili venga adibito all’insegnamento della quarta classe
elementare (…)
Al savio vostro apprezzamento il
caldeggiare la proposta.
Ricordo benissimo che l’ebanista con dimora sulla via principale del
paese, si compiacque per il messaggio e mi salutò affettuosamente. Ero contento
di aver assolto in pieno il mio compito. Ma non sarebbe finita lì perché avrei
dovuto chiudere il cerchio a Tonara con la missiva di ritorno.
Di quell’avventura condotta nell’ex convento dei cappuccini e nella
pensione ubicata nella periferia di Orroli
non ricordo null’altro. Resta solo la nostalgia di rivivere quadretti di vita
vissuta che non ritornano più e che, a distanza di sessantacinque anni, possono
essere rievocati soltanto disordinatamente e scompostamente dalla mia memoria.
Convento dei cappuccini di Nurri
Cenni storici
Quanto vado esponendo è frutto del lavoro di Giovanni Secchi, figura di
notevole spessore intellettuale alla quale molto dobbiamo per il recupero in
chiave storica del tracciato dei cappuccini nella nostra isola a partire dal
1501, anno di fondazione dell’ordine nella nostra isola, sino al 1867, data di
soppressione.
La sua Cronistoria dei frati minori
Cappuccini di Sardegna è suddivisa in due parti di cui la prima tratta del
periodo che corre Dalla Fondazione alla
divisione della provincia (1591-1697) mentre la seconda sviluppa i temi
della Provincia di Cagliari dalla
costituzione alla soppressione (1697-1867). La prematura scomparsa dalla
vita terrena, avvenuta dieci anni orsono, gli ha impedito di portare a termine
gli aspetti storiografici della provincia di Sassari. Il presumibile titolo di
copertina sarebbe stato Provincia di
Sassari dalla costituzione alla soppressione (1697-1867).
Il mio compito è quello di riferire in estrema sintesi quanto il Secchi
ha ampiamente riportato e documentato nel suo poderoso lavoro.
Data di fondazione del convento di Nurri
La decisione di fondare un
convento in Nurri, riferisce il Secchi a pag. 97 della Prima parte della sua Cronistoria,
era stata presa nel Capitolo di Sanluri,
il 9 maggio 1659; ma la fondazione non potè attuarsi fino al maggio 1663,
perché solo l’estate scorsa era pervenuta la licenza del Re.
A pag. 205, tra le figure principali del convento, vengono segnalati due
presidenti con compito di guida negli anni 1664 per il primo (Angelo da Sestu) e 1665 e 1667 per il
secondo (Nicola da Laconi). Al primo
Guardiano che fu Bonaventura da Tonara
nell’anno 1671 gli succedette Bonaventura
da Nurri nel 1673.
A pagina 17 della prima edizione del Necrologio
dei Frati Cappuccini della Provincia di Sardegna, opera pubblicata da Ferdinando
Tuveri nel 1989, si legge che il convento
fu chiuso con la soppressione e abbandonato definitivamente col Padre Fulgenzio
da Iglesias nel 1883, che ne trasportò le cose a Sanluri e Cagliari.
Provvidenze a favore del Convento nel tempo.
Statistiche e fatti di cronaca.
E’ importante precisare che nel 1667, seguendo una annotazione del
Secchi di pagina 108, i conventi dei cappuccini esistenti in Sardegna sono 19,
le fabbriche 1, i Noviziati 2, gli Studi 2, i Religiosi 289. Nel novero di
questi ultimi sono compresi 57 predicatori, 70 sacerdoti, 46 chierici e 116
laici. Sono questi i dati statistici elencati nelle Tavole dei capitoli generali.
Anno 1673
Provvidenze particolari per i
singoli conventi riguardano la questua, la costruzione o manutenzione di
locali, la recinzione di orti, la realizzazione o il riassetto di servizi
igienici. I conventi interessati sono Masullas, Sanluri, Barumini, Nurri,
Bolotana, Ploaghe, Bitti, Sorso, Sassari, Bosa e Nulvi. Vedere a pag.119.
Anno 1690
Durante la congregazione tenutasi ad Oristano
il 15 aprile di tale anno, il Definitorio
rileva che nei conventi di Sanluri, Masullas, Barumini, Nurri e Villasor
esistono dei censi annuali applicati all’olio della lampada del Signore, del
Beato Felice e della Purissima Concezione. Tali redditi o pensioni vengono cercati
o riscossi dai fabbricieri o dai sindaci in nome dei frati. Vedere a
pag.161.
Anno 1693
Ad Oristano, mentre sono corso i lavori della congregazione fissati
per il sei del mese di gennaio, si
dispone la vendita dell’orologio del convento di Nurri per mezzo di un sindaco
che sia ben accetto al P. Ignazio da Laconi, guardiano del convento di
S.Antonio; se ne farà uno nuovo, più semplice, e lo si collocherà in una stanza
da realizzarsi a tal fine. Vedere a pag.170.
Anno 1704
A pagina 25 del primo volume della Seconda
Parte della sua Cronistoria Giovanni
Secchi riferisce che nel convento di Nurri, su segnalazione del Guardiano, necessitano varie stanze: una per sbattere
e pulire i panni; un’altra per il bucato e altre due per i donati; occorre poi
ampliare il corral della legna e del sarmento. Il Definitorio, dopo un attento sopralluogo,
ne dispone la realizzazione, indicando
per ciascun ambiente il sito: la escotola e la colada a ridosso
della cucina dalla parte dell’orto basso; le stanze dei donati affiancate alla
dispensa del refettorio accanto al magazzino della paglia. Sarà recintato per
orticello lo spazio antistante le finestre del forno della calce, e si faranno
tre muri ognuno con la sua porticina e un passaggetto d’accesso all’orto.
Vengono inoltre autorizzati i lavori
per la costruzione di una stanza, dove il
sacrestano possa preparare le ostie e riporre oggetti della sacrestia: sarà
fatta a tergo della parete unita all’angolo della sacrestia a tramontana e vi
si accederà dall’orticello, ricavando una porta in tale parete, e la finestra
guarderà a tramontana o a oriente. La detta stanza sarà quadrata, di dodici
palmi per lato, la parete esclusa.
Anno 1705
Al convento di Nurri viene
concessa dal Definitorio la realizzazione della cornice d’un quadro d’una
cappella, che però dovrà essere liscia e senza colonne. E’ questa una testimonianza che il
Secchi riporta a pag. 28.
Anno 1710
Volendo il Definitorio soddisfare
alla religiosa pietà di alcune persone di Nurri, che sono il licenziato
Francesco Pili e il maestro Tomaso, dispone che nella chiesa del convento,
d’ambo i lati del presbiterio, siano aperte due nicchie: in cornu evangelii sarà
collocata la nicchia in onore della Madonna; in cornu epistolae quella a
San Francesco. Vedi pag.45 e 46.
Anno 1722
Al Superiore del Convento di
Nurri, si legge a
pag. 89, si concede la licenza di
spianare la piazza antistante la chiesa, la qual cosa richiede la realizzazione
di alcuni gradini per l’accesso alla chiesa medesima.
Anno 1736
In tale anno vengono impartite precise disposizioni sul regolare esercizio della questua tra il
convento di Nurri e quello di Tortolì, e ciò per evitare litigi e confusioni.
Tortolì, fino a quando non avrà la famiglia al completo, questuerà le carni e
gli agnelli nel villaggio, in Bari (Sardo), Loceri, Ilbono, Baunei, Triei,
Lotzorai e Girasole, mentre Nurri conserverà l’attuale distretto fino al
villaggio di Ollastra. Agnelli e montoni (vivi) saranno portati via dai
conventi e consegnati ai pastori, secondo l’antico uso. E’ quanto si legge
a pag.152.
Anni 1830 e 1831
L’esposizione del fatto di cronaca accaduto il 10 ottobre del 1830 a
Nurri è ampiamente commentata e descritta nei numerosi esposti, rapporti,
verifiche, chiarimenti, tentativi di riappacificazione condotti a vario titolo
nelle sedi più opportune da alte cariche governative ed ecclesiastiche del
Regno sardo. Per il lettore più esigente sono a disposizione i volumi della Seconda parte della Cronistoria. Nel primo di essi, l’intera vicenda è illustrata dal Secchi,
alle pagine 505-506-507, come in un racconto mentre nel secondo, è presentata
tutta la documentazione ufficiale. In particolare si rinvia in questo secondo
caso alle pagine 883-884-885-886 e 892-893.
Di che cosa tratta la fattispecie? Di incomprensioni e screzi maturati
nel tempo tra parroco e padri conventuali del piccolo centro del Sarcidano. Oggi la vertenza troverebbe
soluzione in altri contesti e senza il ricorso ai più alti gradi di
giurisdizione. Di che si duole il Rettore di Nurri? A pagina 565,
Giovanni Secchi riferisce che l’attuale
Guardiano dei Cappuccini lo intralcia nell’esercizio del suo ministero, inteso
a far si che i fedeli santifichino i giorni festivi e le domeniche.
I dissapori e i disaccordi cominciano
a manifestarsi durante i riti celebrativi della festività della Madonna del
Rosario. Il vaso trabocca nel momento in cui viene riferito al parroco
dell’impossibilità di far transitare la processione nella piazza antistante il
convento a causa dei balli programmati dai conventuali e da compiacenti
secolari alle prime ore del pomeriggio del 10 ottobre. Possiamo inquadrare nel
nostro immaginario la successione dei fatti occorsi nella piazzetta antistante
la chiesa dei frati, in queste rapide scenette:
nella
prima di esse intravvediamo alcune coppie di ballerini che, favoriti dalla accondiscendenza
e curiosità dei padri conventuali presenti in portineria e spalleggiati dalla
autorevolezza di alcuni personaggi di spicco della comunità locale, si
abbandonano alle danze ed alla melodia di un suonatore di piffero e tamburo
nella
seconda, lungo il percorso che porta dalla parrocchia al convento, distinguiamo
il sagrestano che si accerta della situazione in pratza de is ballus per riferire i fatti al rettore
nella
terza, il sacrista, a sopralluogo avvenuto, si presenta in convento per
comunicare al padre guardiano, a nome del rettore, di astenersi dal celebrare
la messa nel giorno seguente. L’ingiunzione ha gli effetti di una scomunica.
Per il tramite dello stesso sacrista, il padre conventuale ed il suo Vicario
mandano a dire al Sig. Rettore di non
saper esso il suo dovere
nella
quarta la processione si sviluppa in tutto il suo percorso senza incontrare
ostacolo alcuno. Di ballerini, di suonatore e dei compiacenti fomentatori
religiosi e secolari di tanto scandalo neppure l’ombra.
Dietro le quinte intanto il rettore informa dell’accaduto il delegato di
Giustizia, il quale a sua volta ingiunge al capitano dei barracelli di
arrestare il suonatore che ormai ha fatto perdere le sue tracce. Con una lunga
relazione scritta di proprio pugno il parroco espone i fatti tanto al vicerè quanto al suo arcivescovo per i provvedimenti del
caso.
Lo scenario intanto si arricchisce della presenza di nuovi personaggi
quali il prefetto di Isili, destinatario
del rapporto trasmesso al vicerè, ed il parroco di un comune del circondario
del Sarcidano, delegato
dell’arcivescovo. Dalle informazioni raccolte da parte degli ultimi interessati
si ha modo di capire che le incomprensioni tra parrocchia e convento tenderanno
ad assopirsi. Almeno sulla carta!
Anno 1842
La famiglia conventuale di Nurri
è composta, secondo una statistica stilata nel mese di dicembre del 1842 e citata
dal Secchi a pagina 671 del Vol.1°
della Seconda parte della sua Cronistoria, da 7 elementi di cui 4
predicatori (Padre Giuseppe d’Iglesias,
P.Antonio Felice d’Iglesias, P.Francesco Ignazio da Cabras e P.Filippo
d’Iglesias) e 3 laici (Frate
Francesco Maria da Cagliari, Fr.Bonaventura da Villa Greca e Fr.Antonio
Francesco da Neoneli).
Anno 1865
Luigi Maria da Ghilarza, Ministro provinciale dei Cappuccini di
Cagliari, esprimendo profonda preoccupazione per la ventilata e paventata soppressione dell’ordine, esterna il
suo tormento sia nella condivisione con i religiosi sia nell’accorata relazione
trasmessa al Padre Generale in data
26 dicembre 1865. Vedere a pagg.766, 767 e 678.
Anno 1867
Si conclude, riferisce il
Secchi a pagina 780, con l’anno 1867, il
periodo di storia considerato per la Cappuccina Provincia di Cagliari (1697-1867),
giacché in questo anno la Provincia, benché continui nella sua giuridica
esistenza come circoscrizione dell’Ordine e secondo l’ordinamento interno di
questo, cessa, tuttavia, dall’avere esistenza nel foro dello Stato per effetto
delle leggi di soppressione delle Corporazioni Religiose.
Sullo stato dei
religiosi nel convento di Nurri nel 1765
Inchiesta condotta da
Padre Marene
In vista di una riduzione del numero dei conventi e dei propri affiliati
proposta dal conte Bogino, primo
ministro del Re di Sardegna, fu disposta nel 1765 da Padre Gian Michele da Marene, nella veste di Commissario Generale
dei Cappuccini di Sardegna, un’indagine conoscitiva sulla realtà cappuccina
sarda. Vedere a pagina 788 del Vol. I
della Seconda Parte della Cronistoria del Secchi.
Per la compilazione del questionario, rivolto a tutte le famiglie
conventuali ed articolato in diversi quesiti, fu offerta la possibilità di
rispondere in lingua latina o spagnola.
Qui di seguito le risposte date da Padre Fedele Tanda da Desulo nelle vesti di Vicario (vice Guardiano) del convento di Nurri.
Risposta alla prima domanda
La
quantità di pane raccolta settimanalmente nel centro di Nurri può soddisfare i
bisogni di una decina di religiosi (sacerdoti, laici e terziari) mentre la
questua del vino può essere sufficiente per appena sei di essi.
Risposta alla seconda domanda
Oltre al villaggio di Nurri viene visitato anche il centro di Orroli, distante dalla sede del convento
circa mezzora. La questua di pane, condotta settimanalmente, può bastare per
due religiosi.
Risposta alla terza domanda
Diversi sono i centri assegnati per la questua al convento di Nurri.
Essi sono Siorgus, Donigala, Mandas,
Escolca, Serri, Gesico, Isili, i quattro paesi del Gergei, Sadali, Sterzilis, Sehuj, Seolo Usasij, Villanova Tolo,
Eschalaplano e Perra de foco (sic). La raccolta relativa agli articoli
pane e vino potrebbe essere sufficiente per il sostentamento di una decina di
religiosi.
Risposta alla quarta domanda
La questua annua del grano si effettua nei paesi citati, ad eccezione
dei quattro centri del Gerrei che risultano
assegnati al Convento di Quartu. Il
quantitativo medio raccolto si aggira sui 20 starelli. Il suo utilizzo serve
per far fronte alle riparazioni della struttura monastica. Fra Fedele Tanda non ricorda da quanto tempo
sia in vigore presso il monastero la raccolta del cereale citato.
Risposta alla quinta domanda
Le messe fisse celebrate nel convento, circa una sessantina, fanno
riferimento alla voce dei legati mentre quelle occasionali sono rare.
Risposta alla sesta domanda
Non si segnalano elemosine fisse per pietanza (carne e pesce). Le somme
necessarie per l’alimentazione delle lampade votive e quelle realizzate durante
le solenni festività raggiungono l’importo di 84 scudi. Almeno questa è la mia
interpretazione. Forse nella testimonianza di Fra Fedele c’è qualche omissione che mi impedisce di effettuare una
esatta verifica dei suoi conteggi. In ogni modo, al fine di favorire una
migliore attenzione, propongo in nota per il lettore i termini di equivalenza
tra i valori sardi dello scudo e della lira in vigore in detto periodo (1).
Qui di seguito la domanda posta dal Marene:
An sint aliquae eleemosinae fixae
pro oleo, Pitantia, Festivitatibus? Et circa haec omnia fiat esplicatio
e
la risposta data dal Tanda:
Nulla est eleemosina fixa pro
pitantia, pro oleo ac Festivitatibus sunt circiter 84 scuta nempe pro oleo
ll.23: pro Festivitate S.ti Francisci ll.7: pro illa S.Felicis ll.6: pro
Defunctis ll.4: pro illa S.Antonii ll.12: pro illa Beati seraphini ll.4: pro
illa S.Rosae ll.22:10: (per la festività di Santa Rosa lire 22 e 10
soldi).
Risposta alla settima domanda
Per il fabbisogno di carne i
religiosi fanno affidamento alle sufficienti questue di agnelli e capretti operate
nei centri assegnati al convento. Per il consumo bisogna attendere che detti
animali siano condotti al pascolo per l’intero anno dal servo della famiglia
conventuale (adunando opportuno tempore
oves, et hedos, qui pascuntur, et per decursum anni comeduntur). Non vi è
invece possibilità alcuna di approvvigionarsi di pesce, prodotto che purtroppo
deve essere acquistato (Pisces vero non
inveniuntur questuando, bene vero emi debent).
Risposta all’ottava domanda
Per quanto riguarda i legumi, articolo importante per la dieta dei
religiosi, si ricorre alla semina e alla raccolta dei medesimi nelle pertinenze
dirette del monastero (ideoque Fabae, ac
aliqua ex aliis speciebus leguminum seruntur in districtu Clausurae Conventus).
Risposta alla decima domanda
Le spese necessarie per ogni religioso si aggirano sui sette scudi di
cui cinque per medicinali, assistenza infermieristica ed ulteriori necessità (2). Per il vestiario, il cronista rileva che il contributo in
lana offerto dal convento di Nurri è decisamente superiore a quello stabilito
dal regolamento.
Si precisa che le pezze di orbace, materia prima per il saio dei
confratelli della provincia di Cagliari, sono prodotte dai religiosi nel centro
di Domusnovas, sede in cui operano le
gualchiere.
Risposta alla dodicesima domanda
Con quest’ultimo quesito vien data la possibilità all’interrogato, che è
il vicario del convento, di presentare eventuali problemi sulla regola
cappuccina e sullo stato dei religiosi.
Non ho nulla da aggiungere, riferisce l’interessato, fatta eccezione per
la manutenzione annua dell’edificio, le cui fondamenta sono compromesse dal
deflusso delle acque sotterranee, e per i rigori invernali patiti dalla
famiglia conventuale. In proposito il cronista riferisce di aver sentito dire di
una promessa, regolarmente disattesa, di un carro di legna d’ardere a carico
della comunità nurrese ed a favore del convento il quale, a sua volta, avrebbe
onorato i suoi impegni con orazioni e sermoni nei periodi di Avvento e di Quaresima, come da consuetudine. Il nostro vicario cercherà comunque
di approfondire la questione e di fare chiarezza (attamen ipsa Comunitas non adimplet suppositae promissioni, unde cum
certo nesciat quod sibi relatum fuit sit verum necne, hoc sub dubio ponit, sed
maiorem informationem exquiret).
La data della stesura (die 25
Februarii 1765) e la firma del cronista (Fr. Fidelis a Desulo Vicarius) sono riportate in calce al documento.
P.S. Avrei gradito, nell’interpretazione del presente questionario, l’aiuto e la consulenza specifica di Giovanni Secchi, autore di una cronistoria degna di un certosino di tutto rispetto. Purtroppo il suo pellegrinaggio terreno, interamente dedicato alla famiglia conventuale prima ed alla sua famiglia dopo, è terminato una decina di anni fa. Ho sempre cercato di fare tesoro dei suoi insegnam
Per effetto del Regio editto del 26 novembre 1842, lo scudo e la lira
sarda saranno rispettivamente convertibili in lire nuove 4,80 e 1,92.
La lettura della suddetta tabella a doppia entrata, operando per linee
orizzontali, va effettuata nel seguente modo:
Uno scudo equivale a due lire e mezza, oppure a dieci reali, ma anche a
cinquanta soldi o ancora a seicento denari. Lo scudo, a datare dal 1842, come
già precisato, varrà lire nuove
quattro e centesimi ottanta.
Identico discorso va fatto per le altre pezzature.
La
lettura può essere utilizzata anche per linee verticali.
Nota n.(2)
Per avere un’idea del
valore dello scudo sardo occorre ricordare che nei secoli della dominazione
spagnola e sabauda con tale importo si potevano acquistare una pecora da latte
o uno starello di grano (misura di capacità per gli aridi di cinquanta litri).