Visita ai Giganti di Monte Prama
L’incontro di
carattere culturale con i Giganti di Monte Prama è fissato per sabato 25
novembre 2023.
Il programma, definito dall’Associazione 50 & più
di Oristano, prevede tre soste di cui la prima tratterà gli aspetti più
significativi sugli scavi operati nella zona collinare del monte citato, la
seconda riguarderà la visita al Museo di Cabras, sede in cui sono esposti i
reperti archeologici di maggiore interesse e la terza sarà riservata al pranzo.
Da Oristano si partirà alle ore nove con un pullman prenotato
per una trentina di passeggeri. Il tragitto non supererà, tra andata e ritorno,
i venti chilometri.
L’attesa per questo rendez-vous è da parte dei partecipanti
molto condivisa, salvo la comune preoccupazione per le avverse condizioni
meteorologiche avanzate dagli esperti nel corso della settimana. Le previsioni
hanno fatto continuamente riferimento a temporali, mareggiate e venti di
notevole intensità in tutta la Sardegna.
Contrariamente a quanto segnalato sul maltempo da coloro che
si erano affidati al supporto dei modelli matematici ho potuto constatare, già
dalle prime luci del giorno della partenza, che dall’interno della mia
abitazione il cielo era limpido in ogni dove mentre all’esterno si avvertiva
soltanto un po' di freddo.
Dopo queste osservazioni di carattere climatico vado
convincendomi sempre di più che a farne le spese, talvolta, sono proprio i
modelli probabilistici citati.
Al punto di partenza, fissato come riferito per le ore nove,
vedo molti visi sorridenti che pregustano quanto succederà in itinere nell’arco
dell’intera giornata.
Tra coloro che vanno ad occupare i loro posti rivedo le
solite persone, gli habitué delle gite programmate dall’organizzazione, ma
anche qualcuno che ritenevo avesse scelto di fare un’eterna vacanza altrove.
Presumo che costui avesse pensato la stessa cosa su di me che, non sempre, mi
trovo disponibile a seguire i distensivi tracciati dell’Associazione. Faccio
queste considerazioni tenendo conto che l’età media degli affiliati si aggira
intorno alla settantina. Il più anziano ha ottantotto anni, la moglie 84 mentre
il sottoscritto è prossimo agli ottantacinque. A bordo pullman la gioventù,
eccezione fatta per il conduttore del mezzo, latita. Fanno parte della comitiva
un piemontese ed una istriana, residenti in Sardegna da lungo tempo, mentre
tutti gli altri sono isolani.
Ci troviamo ora,
dopo appena un quarto d’ora di viaggio, in aperta campagna, in prossimità della
zona interessata agli scavi. Si tratta di un’area della superficie di poco
superiore a quella di un campo di calcio. L’ingresso, cui fa seguito una
recinzione curata a dovere, è costantemente tenuto d’osservazione da una
custode con tanto di divisa nera da sembrare un funzionario in alta uniforme. A
pochi metri staziona, radente al suolo, una costruzione in legno d’abete con
all’interno una sedia ed alcune borse con tanti documenti.
Al manufatto in legno che funge da segreteria, avrei
preferito un abitacolo in stile neo nuragico. In gioventù mi ero permesso di
costruirne uno di fronte a casa mia con materiale di riporto ritrovato nei
dintorni. Avevo impiegato mezza giornata per elevarlo a circa un metro e mezzo
d’altezza ed i commenti dei curiosi, dato l’interesse suscitato, non si fecero
attendere.
All’esterno, in un breve spazio riservato ai visitatori di
turno, la guida è pronta ad accoglierci con un sorriso molto accattivante.
Alta, di bell’aspetto, sembra una sacerdotessa della dea Vesta.
Non piove e non pioverà ma in cambio il vento di maestrale
sibila in continuazione. Almeno su questo elemento i modelli matematici hanno
avuto ragione.
L’oratrice, inizialmente, per soddisfare la nostra sete di
sapere, cerca, e ci riesce, di fare del suo meglio presentandosi con assaggi di
tipo teorico, molto simili a quelli curati in classe dagli insegnanti. In
seguito, ci invita a seguirla nella zona degli scavi. E qui la lezione diventa
di tipo pratico.
Dobbiamo precisare che le informazioni che ci vengono fornite
sono soggette in campo archeologico a numerose mutazioni nel tempo. Le
variabili in gioco sono tante ed i risultati non sempre incontrano i favori
degli analisti. Si va comunque avanti, anche se a tentoni.
Sino ad una ventina di anni fa non sapevo nulla delle statue
di calcare dissepolte nella penisola del Sinis, l’area magica su cui insiste
Monte Prama. Di detti primi ritrovamenti si era parlato tanto intorno alla metà
degli anni Settanta, 1974 per l’esattezza, quando un contadino avvertì, in fase
di aratura del terreno in cui operava, che il suo trattore agricolo faceva
molta fatica a procedere oltre. Io sono rimasto all’oscuro di tutto.
In questo territorio, compreso tra stagno, terra e mare,
avevo svolto da cicloamatore i miei allenamenti sportivi. Mi permisi anche il
lusso di organizzare, nella seconda metà degli anni Settanta, ben quattro
edizioni de Su Fassoni, titolo quest’ultimo da me assegnato a queste
manifestazioni cicloturistiche denominate Gran Fondo.
È da una ventina di anni che ho potuto avere qualche
conoscenza intorno agli ormai famosi Giganti, mentre, è da circa un decennio,
esattamente da quando ho fatto visita al museo di Cabras, sito in cui sono
conservati i reperti, che sono riuscito a saperne di più. Il tutto restava
slegato dalla presenza dell’elemento umano. La lettura dell’oggi, dopo le
delucidazioni della guida, mi ha permesso di risolvere molti miei dubbi. I
Giganti, da enigmatici, misteriosi, laconici, incomprensibili ed indecifrabili,
sono diventati più espressivi, chiari e significativi. Dal silenzio irreale si
è passati ad un silenzio eloquente quasi che dalla materia si fosse sprigionato
uno spirito umano.
L’evidente contrasto definito nello sfondo dal colore bianco
di dette sculture con quello nero delle pareti del museo ben si concilia con
l’imponenza delle dimensioni dei Giganti medesimi, presentati nelle vesti di
guerrieri, arcieri e pugilatori. Il tutto genera nell’osservatore stupore,
incredulità e senso di disorientamento.
Ma ritorniamo alla visita odierna ed ai tracciati che la
guida ci presenta attraverso la definizione di vari settori chiave. Il primo di
questi ci permette di osservare una duplice fila di tombe a pozzetto, il
secondo presenta i punti di ritrovamento dei frammenti delle statue dei Giganti
ed il terzo le basi in pietra di edifici che si presume fossero votati alle
cerimonie relative al culto dei trapassati. Oltre questi settori le attività
agricole del giorno d’oggi fanno riferimento a vigneti e carciofeti.
La nostra sacerdotessa, attenta ed intenta a non spegnere il
fuoco delle nostre attenzioni come da dovere imposto ad ogni Vestale, fraseggia
con eleganza nel campo funebre, ad una distanza da noi non superiore ai dieci
metri, servendosi di ampi gesti delle mani per indicare i punti più meritevoli
di citazione. Siamo in un cimitero dell’antichità. Siamo in una necropoli di
tutto rispetto.
Avrei delle domande da porre, ma, per il mio alto deficit
uditivo, che mi impedisce di interloquire con chi opera ad una certa distanza,
e per non urtare la sensibilità di qualcuno, preferisco starmene zitto e
ricorrere successivamente alle interrogazioni sul mio cellulare.
Venivano, i nostri trapassati, inumati in verticale o in
orizzontale? A questo quesito mi è stata data risposta osservando in Internet
un disegno curato con molta efficacia dagli esperti del settore. In detto
schizzo, l’inumato, rannicchiato su sé stesso, va ad occupare un loculo di
forma cilindrica della profondità di una settantina di centimetri e con la base
superiore regolata da una lastra piatta di forma quadrata o anche circolare.
Intravedo anche delle coperture rivestite di ciottoli d’arenaria che nell’insieme
danno l’idea di un coperchio di forma conica e di altezza non superiore ai
venti centimetri.
Se può risultare un po' difficile questa mia spiegazione
posso tentare di rappresentare il defunto nella sistemazione che sogliono
assumere i campioni di sci nelle loro discese libere. Posizione a uovo.
Non vorrei essere irriverente con il defunto in questo accostamento sportivo
quando affermo che il nostro trapassato, in posizione da fermo, è stato in
grado di effettuare sinora salti nel tempo che durano da ben trenta, ventotto e
ventisei secoli. Forse sarà meglio parlare di dieci, otto o sei secoli avanti
Cristo. Dall’età del ferro o dal neolitico, tanto per intenderci. Per la
datazione di questi lunghi tempi si è fatto sempre ricorso da parte degli
archeologi al metodo del carbonio, procedimento col quale vengono trattati
piccoli campioni di materiale organico.
Altra domanda è quella relativa alla funzione avuta dalle
statue dei Giganti all’interno della necropoli. Forse saranno state posizionate
per onorare la memoria dei defunti di maggior peso e talento.
Al vicino museo di Cabras posso constatare che l’esposizione
di molti nuovi reperti è avvenuta in locali più idonei alla loro collocazione e
fruibilità. Non solo Giganti ma anche arnesi in materiale ferroso e
suppellettili in ceramica. Non sfugge all’attenzione degli osservatori un
modellino di nuraghe con tre torrioni che simula con molta chiarezza la forma
della imponente costruzione di Orroli.
Ultimate le nostre visite, compresa la pausa pranzo, ci
apprestiamo a ripartire per Oristano, la città dei grandi Portali. In fila, e
con molta calma, ciascuno sale a bordo del mezzo permettendo al sottoscritto di
fare una ideale conta dei viaggiatori e la lettura dei loro nomi.
Particolarmente soddisfatti dell’escursione sono Augusto, Carlo e Lidia di
Oristano, Maria Grazia di Tinnura, Mario di Paulilatino e Alice di Nurachi.
Avrebbe potuto far parte di questa interessante gita anche
Terenzio di Treviso ma i suoi impegni familiari e culturali lo hanno sempre
disatteso ma non dissuaso. I suoi passatempi preferiti sono sempre stati
dedicati all’affetto per i nipotini ed alle continue visite al Montello e alle
Dolomiti. Ma i Giganti del Monte dalle palme nane non demordono. Restano
in attesa anche dei ritardatari.
Giovanni Mura