Memorie tonaresi in pratza manna

martedì 12 dicembre 2023

Visita ai Giganti di Monte Prama

 

Visita ai Giganti di Monte Prama


   L’incontro di carattere culturale con i Giganti di Monte Prama è fissato per sabato 25 novembre 2023.

Il programma, definito dall’Associazione 50 & più di Oristano, prevede tre soste di cui la prima tratterà gli aspetti più significativi sugli scavi operati nella zona collinare del monte citato, la seconda riguarderà la visita al Museo di Cabras, sede in cui sono esposti i reperti archeologici di maggiore interesse e la terza sarà riservata al pranzo.

Da Oristano si partirà alle ore nove con un pullman prenotato per una trentina di passeggeri. Il tragitto non supererà, tra andata e ritorno, i venti chilometri.

L’attesa per questo rendez-vous è da parte dei partecipanti molto condivisa, salvo la comune preoccupazione per le avverse condizioni meteorologiche avanzate dagli esperti nel corso della settimana. Le previsioni hanno fatto continuamente riferimento a temporali, mareggiate e venti di notevole intensità in tutta la Sardegna.

Contrariamente a quanto segnalato sul maltempo da coloro che si erano affidati al supporto dei modelli matematici ho potuto constatare, già dalle prime luci del giorno della partenza, che dall’interno della mia abitazione il cielo era limpido in ogni dove mentre all’esterno si avvertiva soltanto un po' di freddo.

Dopo queste osservazioni di carattere climatico vado convincendomi sempre di più che a farne le spese, talvolta, sono proprio i modelli probabilistici citati.

Al punto di partenza, fissato come riferito per le ore nove, vedo molti visi sorridenti che pregustano quanto succederà in itinere nell’arco dell’intera giornata.

Tra coloro che vanno ad occupare i loro posti rivedo le solite persone, gli habitué delle gite programmate dall’organizzazione, ma anche qualcuno che ritenevo avesse scelto di fare un’eterna vacanza altrove. Presumo che costui avesse pensato la stessa cosa su di me che, non sempre, mi trovo disponibile a seguire i distensivi tracciati dell’Associazione. Faccio queste considerazioni tenendo conto che l’età media degli affiliati si aggira intorno alla settantina. Il più anziano ha ottantotto anni, la moglie 84 mentre il sottoscritto è prossimo agli ottantacinque. A bordo pullman la gioventù, eccezione fatta per il conduttore del mezzo, latita. Fanno parte della comitiva un piemontese ed una istriana, residenti in Sardegna da lungo tempo, mentre tutti gli altri sono isolani.

   Ci troviamo ora, dopo appena un quarto d’ora di viaggio, in aperta campagna, in prossimità della zona interessata agli scavi. Si tratta di un’area della superficie di poco superiore a quella di un campo di calcio. L’ingresso, cui fa seguito una recinzione curata a dovere, è costantemente tenuto d’osservazione da una custode con tanto di divisa nera da sembrare un funzionario in alta uniforme. A pochi metri staziona, radente al suolo, una costruzione in legno d’abete con all’interno una sedia ed alcune borse con tanti documenti.

Al manufatto in legno che funge da segreteria, avrei preferito un abitacolo in stile neo nuragico. In gioventù mi ero permesso di costruirne uno di fronte a casa mia con materiale di riporto ritrovato nei dintorni. Avevo impiegato mezza giornata per elevarlo a circa un metro e mezzo d’altezza ed i commenti dei curiosi, dato l’interesse suscitato, non si fecero attendere.

All’esterno, in un breve spazio riservato ai visitatori di turno, la guida è pronta ad accoglierci con un sorriso molto accattivante. Alta, di bell’aspetto, sembra una sacerdotessa della dea Vesta.

Non piove e non pioverà ma in cambio il vento di maestrale sibila in continuazione. Almeno su questo elemento i modelli matematici hanno avuto ragione.

L’oratrice, inizialmente, per soddisfare la nostra sete di sapere, cerca, e ci riesce, di fare del suo meglio presentandosi con assaggi di tipo teorico, molto simili a quelli curati in classe dagli insegnanti. In seguito, ci invita a seguirla nella zona degli scavi. E qui la lezione diventa di tipo pratico.

Dobbiamo precisare che le informazioni che ci vengono fornite sono soggette in campo archeologico a numerose mutazioni nel tempo. Le variabili in gioco sono tante ed i risultati non sempre incontrano i favori degli analisti. Si va comunque avanti, anche se a tentoni.

Sino ad una ventina di anni fa non sapevo nulla delle statue di calcare dissepolte nella penisola del Sinis, l’area magica su cui insiste Monte Prama. Di detti primi ritrovamenti si era parlato tanto intorno alla metà degli anni Settanta, 1974 per l’esattezza, quando un contadino avvertì, in fase di aratura del terreno in cui operava, che il suo trattore agricolo faceva molta fatica a procedere oltre. Io sono rimasto all’oscuro di tutto.

In questo territorio, compreso tra stagno, terra e mare, avevo svolto da cicloamatore i miei allenamenti sportivi. Mi permisi anche il lusso di organizzare, nella seconda metà degli anni Settanta, ben quattro edizioni de Su Fassoni, titolo quest’ultimo da me assegnato a queste manifestazioni cicloturistiche denominate Gran Fondo.

È da una ventina di anni che ho potuto avere qualche conoscenza intorno agli ormai famosi Giganti, mentre, è da circa un decennio, esattamente da quando ho fatto visita al museo di Cabras, sito in cui sono conservati i reperti, che sono riuscito a saperne di più. Il tutto restava slegato dalla presenza dell’elemento umano. La lettura dell’oggi, dopo le delucidazioni della guida, mi ha permesso di risolvere molti miei dubbi. I Giganti, da enigmatici, misteriosi, laconici, incomprensibili ed indecifrabili, sono diventati più espressivi, chiari e significativi. Dal silenzio irreale si è passati ad un silenzio eloquente quasi che dalla materia si fosse sprigionato uno spirito umano.

L’evidente contrasto definito nello sfondo dal colore bianco di dette sculture con quello nero delle pareti del museo ben si concilia con l’imponenza delle dimensioni dei Giganti medesimi, presentati nelle vesti di guerrieri, arcieri e pugilatori. Il tutto genera nell’osservatore stupore, incredulità e senso di disorientamento.

Ma ritorniamo alla visita odierna ed ai tracciati che la guida ci presenta attraverso la definizione di vari settori chiave. Il primo di questi ci permette di osservare una duplice fila di tombe a pozzetto, il secondo presenta i punti di ritrovamento dei frammenti delle statue dei Giganti ed il terzo le basi in pietra di edifici che si presume fossero votati alle cerimonie relative al culto dei trapassati. Oltre questi settori le attività agricole del giorno d’oggi fanno riferimento a vigneti e carciofeti.

La nostra sacerdotessa, attenta ed intenta a non spegnere il fuoco delle nostre attenzioni come da dovere imposto ad ogni Vestale, fraseggia con eleganza nel campo funebre, ad una distanza da noi non superiore ai dieci metri, servendosi di ampi gesti delle mani per indicare i punti più meritevoli di citazione. Siamo in un cimitero dell’antichità. Siamo in una necropoli di tutto rispetto.

Avrei delle domande da porre, ma, per il mio alto deficit uditivo, che mi impedisce di interloquire con chi opera ad una certa distanza, e per non urtare la sensibilità di qualcuno, preferisco starmene zitto e ricorrere successivamente alle interrogazioni sul mio cellulare.

Venivano, i nostri trapassati, inumati in verticale o in orizzontale? A questo quesito mi è stata data risposta osservando in Internet un disegno curato con molta efficacia dagli esperti del settore. In detto schizzo, l’inumato, rannicchiato su sé stesso, va ad occupare un loculo di forma cilindrica della profondità di una settantina di centimetri e con la base superiore regolata da una lastra piatta di forma quadrata o anche circolare. Intravedo anche delle coperture rivestite di ciottoli d’arenaria che nell’insieme danno l’idea di un coperchio di forma conica e di altezza non superiore ai venti centimetri.

Se può risultare un po' difficile questa mia spiegazione posso tentare di rappresentare il defunto nella sistemazione che sogliono assumere i campioni di sci nelle loro discese libere. Posizione a uovo. Non vorrei essere irriverente con il defunto in questo accostamento sportivo quando affermo che il nostro trapassato, in posizione da fermo, è stato in grado di effettuare sinora salti nel tempo che durano da ben trenta, ventotto e ventisei secoli. Forse sarà meglio parlare di dieci, otto o sei secoli avanti Cristo. Dall’età del ferro o dal neolitico, tanto per intenderci. Per la datazione di questi lunghi tempi si è fatto sempre ricorso da parte degli archeologi al metodo del carbonio, procedimento col quale vengono trattati piccoli campioni di materiale organico.

Altra domanda è quella relativa alla funzione avuta dalle statue dei Giganti all’interno della necropoli. Forse saranno state posizionate per onorare la memoria dei defunti di maggior peso e talento.

Al vicino museo di Cabras posso constatare che l’esposizione di molti nuovi reperti è avvenuta in locali più idonei alla loro collocazione e fruibilità. Non solo Giganti ma anche arnesi in materiale ferroso e suppellettili in ceramica. Non sfugge all’attenzione degli osservatori un modellino di nuraghe con tre torrioni che simula con molta chiarezza la forma della imponente costruzione di Orroli.

Ultimate le nostre visite, compresa la pausa pranzo, ci apprestiamo a ripartire per Oristano, la città dei grandi Portali. In fila, e con molta calma, ciascuno sale a bordo del mezzo permettendo al sottoscritto di fare una ideale conta dei viaggiatori e la lettura dei loro nomi. Particolarmente soddisfatti dell’escursione sono Augusto, Carlo e Lidia di Oristano, Maria Grazia di Tinnura, Mario di Paulilatino e Alice di Nurachi.

Avrebbe potuto far parte di questa interessante gita anche Terenzio di Treviso ma i suoi impegni familiari e culturali lo hanno sempre disatteso ma non dissuaso. I suoi passatempi preferiti sono sempre stati dedicati all’affetto per i nipotini ed alle continue visite al Montello e alle Dolomiti. Ma i Giganti del Monte dalle palme nane non demordono. Restano in attesa anche dei ritardatari.

Giovanni Mura