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mercoledì 18 gennaio 2023

Sassari Visita alle chiese del centro storico

 

Sassari

Visita alle chiese del centro storico

   Dietro invito della Associazione 50 & Più di Oristano, mi ritrovo oggi a Sassari per curare una visita alle chiese più antiche del centro storico. I luoghi di culto interessati sono quelli di San Pietro di Silki, di Santa Maria in Betlem e del Duomo di San Nicola.

   Se la disposizione di questi templi dovesse rispettare l’ordine stabilito dai canoni di orientamento suggeriti dalla Chiesa, direzione ovest-est dall’ingresso sino all’abside, non avrei alcuna difficoltà a definire la posizione dei vari lati di ogni singolo edificio religioso.

   Devo precisare al riguardo che l’osservatore che segue il tracciato del normale traffico cittadino difficilmente si ritrova di fronte alle facciate principali di detti luoghi di culto.

   Le chiese prese in considerazione affondano le loro radici nel tempo sino a pescare le preesistenti edificazioni nel periodo bizantino. Poi le ricostruzioni in stile romanico, gotico e barocco hanno fatto il resto. Un millennio di storia è coinvolto ed avvolto in queste delimitazioni ecclesiastiche.

   Per San Pietro di Silki fa testo il ritrovamento, agli inizi del 1900 ed a merito di Giuliano Bonazzi, di un registro curato in grafia gotico-antica negli anni che vanno dall’undicesimo al tredicesimo secolo. Si tratta di un condaghe che riferisce della vita comunicativa di quel periodo attraverso la descrizione di eventi di notevole importanza. In essi vengono definiti con accuratezza i vari passaggi relativi a compravendite, permute, donazioni, furti, liti, combinazioni di matrimoni, rapporti tra servi e padroni e così via.

   Dalla fotocopia di una scheda di detto registro, con pagina riportata nella copertina del testo pubblicato nel 1997 da Ignazio Delogu, si possono rilevare i caratteri singolari e inconfondibili del gotico antico, lo stile calligrafico utilizzato nei secoli successivi all’anno Mille. 



   All’interno della chiesa è in atto la celebrazione della messa domenicale con i fedeli ben distribuiti in ogni ordine di posti e con il sacerdote che dal presbiterio (dal cornu epistolae) comunica pacatamente con i presenti. Dietro l’officiante fa bella mostra di sé una struttura lignea che va ad occupare l’abside in tutta la sua interezza. Io vedo il tutto in lontananza per cui, data la mia posizione delimitata dai pochi spazi liberi rilasciati dalla bussola d’ingresso, non posso definire alcun dettaglio.

   Ho la possibilità di muovermi verso sinistra per raggiungere la cappella del candeliere più antico della città. Detta colonna lignea, che rappresenta la corporazione dei massai, alias padroni di superfici terriere, non sarà più alta di tre metri.

   Una volta all’esterno mi trovo nell’ampio piazzale da cui si possono ammirare i lineamenti architettonici della facciata che, a detta di alcuni è definita dai canoni del Romanico e a detta di altri da quelli del Neoclassico. Non sto a discutere. Non ho competenze specifiche sulla storia dell’arte.

   La chiesa di Santa Maria di Betlem è a pochi minuti di pullman dal tempio appena visitato. Ho accesso all’interno passando da un ingresso laterale posto sul lato nord. Di conseguenza l’entrata principale è alla mia destra e l’abside alla mia sinistra.

   Si celebra con i fedeli assiepati soprattutto all’ingresso ma i posti liberi sotto la navata principale sono numerosi. Il sacerdote, che nel presbiterio occupa lo spazio opposto all’ambone, è alto, anzi altissimo. Ma questa mia impressione è la stessa che si ricava quando si assiste a delle sfilate dove i protagonisti giganteggiano e gli spettatori si sentono piccoli piccoli. È una questione ottica dovuta anche al fatto che dietro l’officiante corrono sino all’abside immensi spazi vuoti. Sotto di lui, i fedeli occupano la superficie circolare che gravita sotto la grande cupola mentre le imponenti colonne che delimitano detta area sembrano inseguirsi con molta solennità e severità.

   Una volta all’esterno si coglie l’opportunità di ammirare la facciata principale che ci presenta un ingresso vistoso a tutto sesto nel primo livello ed un ampio rosone nel secondo.

   Ora, per raggiungere il duomo, dopo aver superato la via di intenso traffico, bisogna procedere a piedi passando per vicoli e stradette secondarie quali quelle della Maddalena e della Maddelenedda.

   Non mi sfugge in questi passaggi la lettura dell’insegna di un tabacchino presentata in chiave dialettale, S’Istanghigliu dallo spagnolo estango. Al mio paese, quando correva la necessità di acquistare sigarette, si usava, e si usa ancora, ricorrere a questa terminologia; annare a s’istangu ossia andare alla rivendita di tabacchi.

   Ed eccomi nel lato sud della Cattedrale di Sassari. Non mi sfuggono le altezze della facciata principale, del campanile e della cupola. Si va oltre i trenta metri. Eppure, per l’osservatore queste grandezze sono molto contenute per via del fatto che i vari livelli che conducono in alto sottendono alcune scalinate e diverse coperture.

   Da un mio amico bonorvese, ora passato a miglior. vita, che da studente dell’Istituto d’arte aveva dovuto eseguire con i suoi compagni di classe e con il suo istruttore diversi sopralluoghi ai vari piani del tempio, avevo potuto apprendere molti dettagli di stile architettonico. Tra le altre cose ricordo in particolare l’invito rivoltomi, una volta trovatomi in visita al Duomo, a sostare nel presbiterio per contare le monofore cieche posizionate sulla cupola. Oggi ne ho l’opportunità.

   Ora, in entrata nel portico, ne approfitto per ammirare le numerose chiavi di volta che gravitano sotto una sola crociera.

   Preciso che all’interno del luogo di culto non si sta celebrando alcuna funzione per cui ho a disposizione tutto il campo d’azione. In quasi ogni cappella vi sono candareri. Leggo delle corporazioni dei fabbri, dei calzolai e fra le altre anche quelle degli autoferrotranvieri. In altezza ho già precisato che detti candelieri non sono molto alti, sebbene quando fanno le loro discese lungo le strade cittadine sembrano altissimi. Ma continuo a ripetere che si tratta pur sempre dell’effetto ottico prodotto dalla suggestione delle parate.

   Ora sono al centro del presbiterio. La cupola mi sovrasta dall’alto di una trentina di metri. Le monofore, caro Gino, sono sempre sedici di cui sei cieche. I tuoi insegnamenti trovano conferma nella mia lettura odierna.

   Valeva proprio la pena di fare questa breve gita nel centro storico di Sassari. Per chi come me non possiede un mezzo di trasporto ha l’opportunità di servirsi del treno che corre sulla tratta ferroviaria Cagliari-Sassari. Il tutto è a disposizione a fine corsa, ad appena cinque minuti dalla Stazione.

   Oristano, 17 gennaio 2023

Giovanni Mura