Sassari
Visita alle chiese del centro storico
Dietro invito della Associazione
50 & Più di Oristano, mi ritrovo oggi a Sassari per curare una visita
alle chiese più antiche del centro storico. I luoghi di culto interessati sono quelli
di San Pietro di Silki, di Santa Maria in Betlem e del Duomo di San Nicola.
Se la disposizione di questi
templi dovesse rispettare l’ordine stabilito dai canoni di orientamento
suggeriti dalla Chiesa, direzione ovest-est dall’ingresso sino all’abside, non
avrei alcuna difficoltà a definire la posizione dei vari lati di ogni singolo
edificio religioso.
Devo precisare al riguardo che
l’osservatore che segue il tracciato del normale traffico cittadino
difficilmente si ritrova di fronte alle facciate principali di detti luoghi di
culto.
Le chiese prese in
considerazione affondano le loro radici nel tempo sino a pescare le
preesistenti edificazioni nel periodo bizantino. Poi le ricostruzioni in stile
romanico, gotico e barocco hanno fatto il resto. Un millennio di storia è
coinvolto ed avvolto in queste delimitazioni ecclesiastiche.
Per San Pietro di Silki
fa testo il ritrovamento, agli inizi del 1900 ed a merito di Giuliano Bonazzi,
di un registro curato in grafia gotico-antica negli anni che vanno dall’undicesimo
al tredicesimo secolo. Si tratta di un condaghe che riferisce della vita
comunicativa di quel periodo attraverso la descrizione di eventi di notevole
importanza. In essi vengono definiti con accuratezza i vari passaggi relativi a
compravendite, permute, donazioni, furti, liti, combinazioni di matrimoni,
rapporti tra servi e padroni e così via.
Dalla fotocopia di una scheda di detto registro, con pagina riportata nella copertina del testo pubblicato nel 1997 da Ignazio Delogu, si possono rilevare i caratteri singolari e inconfondibili del gotico antico, lo stile calligrafico utilizzato nei secoli successivi all’anno Mille.
All’interno della chiesa è in
atto la celebrazione della messa domenicale con i fedeli ben distribuiti in
ogni ordine di posti e con il sacerdote che dal presbiterio (dal cornu
epistolae) comunica pacatamente con i presenti. Dietro l’officiante fa
bella mostra di sé una struttura lignea che va ad occupare l’abside in tutta la
sua interezza. Io vedo il tutto in lontananza per cui, data la mia posizione
delimitata dai pochi spazi liberi rilasciati dalla bussola d’ingresso, non
posso definire alcun dettaglio.
Ho la possibilità di muovermi
verso sinistra per raggiungere la cappella del candeliere più antico della
città. Detta colonna lignea, che rappresenta la corporazione dei massai,
alias padroni di superfici terriere, non sarà più alta di tre metri.
Una volta all’esterno mi trovo
nell’ampio piazzale da cui si possono ammirare i lineamenti architettonici
della facciata che, a detta di alcuni è definita dai canoni del Romanico e a
detta di altri da quelli del Neoclassico. Non sto a discutere. Non ho
competenze specifiche sulla storia dell’arte.
La chiesa di Santa Maria di
Betlem è a pochi minuti di pullman dal tempio appena visitato. Ho accesso all’interno passando da un ingresso laterale posto sul lato nord. Di
conseguenza l’entrata principale è alla mia destra e l’abside alla mia
sinistra.
Si celebra con i fedeli
assiepati soprattutto all’ingresso ma i posti liberi sotto la navata principale
sono numerosi. Il sacerdote, che nel presbiterio occupa lo spazio opposto
all’ambone, è alto, anzi altissimo. Ma questa mia impressione è la stessa che
si ricava quando si assiste a delle sfilate dove i protagonisti giganteggiano e
gli spettatori si sentono piccoli piccoli. È una questione ottica dovuta anche al
fatto che dietro l’officiante corrono sino all’abside immensi spazi vuoti.
Sotto di lui, i fedeli occupano la superficie circolare che gravita sotto la
grande cupola mentre le imponenti colonne che delimitano detta area sembrano
inseguirsi con molta solennità e severità.
Una volta all’esterno si coglie
l’opportunità di ammirare la facciata principale che ci presenta un ingresso
vistoso a tutto sesto nel primo livello ed un ampio rosone nel secondo.
Ora, per raggiungere il duomo,
dopo aver superato la via di intenso traffico, bisogna procedere a piedi
passando per vicoli e stradette secondarie quali quelle della Maddalena e della
Maddelenedda.
Non mi sfugge in questi passaggi
la lettura dell’insegna di un tabacchino presentata in chiave dialettale, S’Istanghigliu
dallo spagnolo estango. Al mio paese, quando correva la necessità di
acquistare sigarette, si usava, e si usa ancora, ricorrere a questa
terminologia; annare a s’istangu ossia andare alla rivendita di
tabacchi.
Ed eccomi nel lato sud della Cattedrale
di Sassari. Non mi sfuggono le altezze della facciata principale, del
campanile e della cupola. Si va oltre i trenta metri. Eppure, per l’osservatore
queste grandezze sono molto contenute per via del fatto che i vari livelli che
conducono in alto sottendono alcune scalinate e diverse coperture.
Da un mio amico bonorvese, ora passato
a miglior. vita, che da studente dell’Istituto d’arte aveva dovuto eseguire con
i suoi compagni di classe e con il suo istruttore diversi sopralluoghi ai vari
piani del tempio, avevo potuto apprendere molti dettagli di stile architettonico.
Tra le altre cose ricordo in particolare l’invito rivoltomi, una volta
trovatomi in visita al Duomo, a sostare nel presbiterio per contare le monofore
cieche posizionate sulla cupola. Oggi ne ho l’opportunità.
Ora, in entrata nel portico, ne
approfitto per ammirare le numerose chiavi di volta che gravitano sotto una
sola crociera.
Preciso che all’interno del
luogo di culto non si sta celebrando alcuna funzione per cui ho a disposizione
tutto il campo d’azione. In quasi ogni cappella vi sono candareri. Leggo delle corporazioni dei fabbri, dei calzolai e fra le altre anche quelle degli
autoferrotranvieri. In altezza ho già precisato che detti candelieri non sono
molto alti, sebbene quando fanno le loro discese lungo le strade cittadine
sembrano altissimi. Ma continuo a ripetere che si tratta pur sempre
dell’effetto ottico prodotto dalla suggestione delle parate.
Ora sono al centro del
presbiterio. La cupola mi sovrasta dall’alto di una trentina di metri. Le
monofore, caro Gino, sono sempre sedici di cui sei cieche. I tuoi insegnamenti
trovano conferma nella mia lettura odierna.
Valeva proprio la pena di fare
questa breve gita nel centro storico di Sassari. Per chi come me non possiede
un mezzo di trasporto ha l’opportunità di servirsi del treno che corre sulla
tratta ferroviaria Cagliari-Sassari. Il tutto è a disposizione a fine corsa, ad
appena cinque minuti dalla Stazione.
Oristano, 17 gennaio 2023
Giovanni Mura